La giustizia troppo lenta che frena gli investimenti E penalizza le imprese
L’allarme degli industriali dopo il caso Nuova Lam. «Così rischiamo che le aziende se ne vadano»
«Quello della Nuova Lam è un caso simbolo. Ma il problema del rapporto tra imprese e giustizia è gravissimo anche se non si arriva a tali estremi». La Nuova Lam è la società i cui vertici sono stati assolti dopo sette anni dalle accusi di reati ambientali mosse da alcuni comitati, ma nel frattempo l’azienda ha chiuso e licenziato i suoi venticinque operai. Una storia che riapre il dossier su uno dei punti più deboli del sistema economico, anche in Toscana. Lungaggini della giustizia, farraginosità delle norme che crea ampi spazi di errore, sono un freno allo sviluppo delle imprese toscane e anche agli investimenti che potrebbero arrivare dall’estero.
Secondo una recentissima ricerca della Banca Mondiale, il costo della giustizia per le imprese italiane è pari al 23 per cento dei costi totali, in Germania ad esempio è il 14 per cento; nel nostro Paese il tempo medio di un procedimento giudiziario a carico di un’azienda è di 1.120 giorni contro i 499 della Germania o i 510 della Spagna e del Belgio.
«Al di là del singolo caso, i tempi della giustizia in Italia sono un fattore gravemente negativo, un elemento che penalizza l’attrattività del Paese — afferma Fabrizio Monsani, vice presidente di Confindustria Firenze con delega ad at- trazione, sviluppo d’impresa, relazioni industriali e welfare, nonché referente delle multinazionali dell’area fiorentina — È un fattore di rischio cui sono molto sensibili gli imprenditori stranieri ma anche gli italiani. La certezza dei tempi è fondamentale per un’imprenditore, per fare piani di sviluppo, sia quando ci sono contenziosi amministrativi che giudiziari, che percorsi autorizzativi. Servono regole certe e tempi certi». E invece? «Invece in Italia si continua come nulla fosse, Confindustria chiede da tempo una riforma complessiva della giustizia — aggiunge Monsani — Se le cose non cambieranno non solo si rischia di non attrarre investimento, ma anche di far andare via chi è già qui e qui vu ole svilupparsi; già mantenere in Toscana o in Italia le imprese è un grande risultato».
Meno diplomatico Franco Baccani, coordinatore del tavolo sulla tutela del made in Italy di Confindustria regionale e membro del tavolo nazionale della lotta alla contraffazione. «Chi spiega adesso agli operai e ai titolari della Nuova Lam cosa è successo? Che sono serviti sette anni perché si dicesse che “il fatto non sussiste”? La legalità è importante, a trecento sessanta gradi, dalle imprese cinesi ai minimarket, ai costi che rappresenta per le aziende — attacca l’imprenditore del settore moda — Prima di bloccare un'azienda occorre pensarci bene, fare tutte le verifiche. Il vero problema è che con la scusa della “semplificazione” si sono scaricati dallo Stato ai privati tante responsabilità: la competenza su controlli, verifiche, la gestioni di questioni complesse; ad esempio chi appalta deve garantire sui subappalti, ma non dovrebbe farlo lo Stato? Il risultato è che ogni imprenditore ogni giorno va a letto e non sa se il giorno dopo si alza con un avviso di garanzia». Baccani sottolinea altre due criticità: «I costi in tempo e denaro sono per tutti, non solo per le grandi aziende o le multinazionali che possono pagarsi stuoli di avvocati, ma anche per piccole e medie imprese che sono il 95% del tessuto produttivo toscano. All’impossibilità di essere responsabili per tutto si aggiunge la perenne incertezza dei tempi amministrativi e autorizzativi».
Il settore edile è uno dei più colpiti, spiega Stefano Varia, di Ance, l’associazione dei costruttori di Confindustria Toscana Nord, «con problematiche sui rifiuti, l’ambiente, fiscali, normative, sui bandi pubblici, con una confusione normativa che dà ampio spazio alle interpretazioni e quindi toglie certezze, con il risultato che chiunque può presentare una denuncia e farti piombare in mezzo ad una vicenda giudiziaria». Nell’incertezza «sguazzano i delinquenti e restano impigliati gli onesti». «Ormai tutti i giorni chi ha un’azienda deve andare dall’avvocato — conclude Varia — Le norme confuse e la sovrapposizione di competenze rimangono, altro che semplificazione. E per parlare del caso Nuova lam, le competenze sui rifiuti sono tra le meno chiare, anche su chi deve autorizzare cosa».