«Ci siamo comportati da maschietti»
Il racconto al Pm di uno dei due carabinieri accusati di stupro dalle studentesse Usa
«Ci siamo comportati da maschietti». Lo avrebbe affermato uno dei due carabinieri — l’appuntato Marco Camuffo e il militare scelto Pietro Costa accusati di aver violentato due studentesse Usa a Firenze il 7 settembre scorso — durante l’interrogatorio dalla pm Ornella Galeotti pochi giorni dopo il fatto. I militari hanno affermato che sarebbero state le ragazze a prendere l’iniziativa, e di non essersi accorti che erano ubriache.
«Soltanto quando mi ritrovai nell’androne capii che si era realizzata un’occasione di sesso e così ci siamo comportati da maschietti».
È il racconto disinvolto che Marco Camuffo fa ai pm Ornella Galeotti e Rodrigo Merlo sulla notte del 7 settembre. Lui è uno dei carabinieri accusati di aver violentato le due studentesse statunitensi, abusando della loro condizione di ubriachezza, dopo averle accompagnate a casa, in Borgo Santissimi Apostoli con l’auto di servizio. Si è sempre difeso da quell’accusa sostenendo che erano state le studentesse a prendere l’iniziativa, già due giorni dopo l’inizio questa brutta storia. Le avevano fatte salire in auto al Flo, discoteca a Piazzale MIchelngelo. Lì erano intervenute le gazzelle per chiamate per sedare una rissa tra ragazzi. Quella sera le due ragazze avevano bevuto vino e limoncello.
«Per me era una galanteria riaccompagnarle a casa nel mezzo delle notte — ha spiegato ai magistrati — anche se non avremmo potuto accompagnare nessuno sull’auto di servizio. Avrei dovuto avvisare il comandante, ma non l’ho fatto. Ma si è sempre fatto così, perché magari per motivi di sicurezza le aggrediscono nel portone. Così ci siamo consultati, perché eravamo titubanti». Non gli è sembrato che le giovani fossero ubriache: «Scendevano le scale tranquillamente, mentre quando uno è ubriaco si vede». A dispetto delle analisi che le due ragazze quela notte avevano un taso di alcol nel sangue pari a 1,68 e 1.59. E ripete: «Erano consenzienti»
L’altro carabiniere Pietro Costa, prima di mettere in fila i ricordi su quella notte, fa i conti con la propria coscienza anche di fronte ai pm: «Ho Le scale del palazzo dove abitavano le due studentesse e dove si sarebbe consumata la violenza dedicato la mia vita al lavoro, da sempre ho amato la divisa : a 18 anni mi sono arruolato è il mio percorso. Ho fatto tanti sacrifici per poi arrivare qua e adesso mi sento imputato di un reato che ho sempre schifato: le violenze sulle donne. Ho fatto degli errori, ho violato tutti i doveri, ma non sono un mostro».
Ma anche lui racconta che è stata la studentessa americana a prendere l’iniziativa: «È stata lei a invitarmi a salire. Pensavo nella mia testa magari salgo poi scendo ci diamo un bacio e finisce là. Sapendo già di sbagliare. Sapevo che ero in servizio e questa cosa non doveva assolutamente accadere». Poi dopo aver smontato dal turno è andato a casa: «Ho dormito pochissimo ero frastornato da quegli eventi, non ero tranquillo». Un paio di giorni dopo i giornali danno notizia della denuncia delle due ragazze americane. «Io faccio questo lavoro e tutti sanno che queste americane spesso e volentieri fanno delle avances, questa è la storia che sappiamo un po’ tutti. Ho sbagliato. Ho fatto un errore».