IO TRA QUEI BAMBINI COSÌ ENTUSIASTI, E I TIMORI DEI GRANDI
Vado spesso nelle scuole per presentare libri. Trovo un grande entusiasmo, specialmente nei bambini delle elementari. Gli adulti invece hanno paura. Tempo fa dei bambini mi hanno colpito con le loro domande. Uno mi ha chiesto: «Non è che il protagonista di questo libro si dà un po’ troppo tono?» (il protagonista ero io). Ho chiesto se potevo pubblicare da qualche parte il lavoro di questi bambini, anche per valorizzarlo. «Pazzo, fermati, sarebbe la fine» mi hanno spiegato i docenti. Avrei dovuto chiedere l’autorizzazione a tutti i genitori e non l’avrei mai avuta, perché alcuni di loro erano molto rigorosi sul piano morale. Io, immerso nel vizio da tempo immemorabile, non coglievo il lato osceno della mia proposta. Una maestra mi ha raccontato la parabola dell’idraulico. Questo ingenuo era stato chiamato perché c’era un tubo che perdeva, in bagno. Aveva fotografato il tubo. In quel momento usciva un bambino dal bagno e dunque, anche se nella foto compariva solo il tubo, l’idraulico era stato accusato dai genitori del bambino di scattare foto proibite. Ne erano seguite non solo delle polemiche, ma addirittura un processo. Se io fossi il preside nella scuola del tubo rotto, dopo un’esperienza del genere ci andrei con i piedi di piombo. Il clima generale è così pieno di sospetto che è difficile distribuire equamente le colpe. Certo, immagino esistano presidi troppo zelanti (è il famoso «entusiasmo burocratico») ma i genitori possono non essere da meno, come so bene io che ho quatto figli. Mercoledì a Milano ho incontrato duecento bambini. Alcuni avevano l’autorizzazione per la foto, altri no. È stato laborioso e virtuosistico immortalare l’iniziativa. A un certo punto mi si è avvicinata una ragazzina e mi ha chiesto il numero di telefono perché voleva dei consigli di scrittura. Una bella cosa, in un mondo normale. Ma io ero in questo. Un turbamento mi ha preso. Se le davo il numero ero il solito maniaco. Ma anche rifiutare qualsiasi contatto mi sembrava molto brutto. Bisogna considerare che in fondo siamo esseri umani, non solo macchine per la tutela legale. Quale immagine dell’esistenza avrei trasmesso alla ragazzina, negando qualsiasi comunicazione dopo che per due ore avevo cercato di fare il simpatico? È vero, avrei dovuto dirle di chiamare il mio avvocato, ma sul momento non mi è venuto in mente. Allora le ho dato la mail. Che Dio me la mandi buona.
Scuola e regole
Una maestra mi raccontò la parabola dell’idraulico e del tubo rotto: fa capire il clima di sospetto...