«Sono iper connessi, ma a scuola i telefoni vanno nello zaino»
«Non conosco l’episodio dell’aggressione, ma come insegnante vivo da vicino questa “iper connessione” degli studenti. E non solo la loro. Oggi, per esempio, se partecipo a un convegno, vedo il 60 per cento degli adulti con in mano uno smartphone». Sergio Berardi insegna diritto al Russel Newton di Scandicci ed è stato vice preside delegato al rapporto con genitori e alunni.
Adolescenti e smartphone, cos’è che non funziona? «È una situazione delicata. A volte vedo una vera e propria dipendenza, non riescono a staccarsi. Intendiamoci: questi apparecchi sono usati anche per la didattica, fin dalle elementari. Ma un conto è se domando a uno studente di cercarmi una notizia, altro se vedo due o tre ragazzi con la testa china che manco mi ascoltano in classe. In questo caso c’è la violazione del regolamento d’istituto ma, soprattutto, la perdita del rapporto tra docenti e studenti, e tra gli studenti stessi».
Esistono delle regole nazionali per l’uso dei cellulari nelle scuole?
«Sì: ci sono le linee guida, aggiornate dal 2007, e la legge contro il cyberbullismo del 2017. Le scuole si dotano di un regolamento, puntando alla prevenzione del cyberbullismo e del sexting (invio di immagine di nudo o atti sessuali ndr). Nelle nostre classi abbiamo tenuto corsi di formazione, per dare consapevolezza di come si usano le nuove tecnologie. E spesso ci sono incontri con psicologi».
In questo percorso è fondamentale il ruolo dei genitori. «Sì, per costruire un rapporto positivo tra scuola e famiglia, non bisogna delegittimare il lavoro della scuola. Spesso i genitori che non sanno gestire il rapporto coi figli, tendono a giustificarli: la prima scusa è “quel prof ce l’ha con mio figlio”. Non si possono giustificare comportamenti a volte gravi. Ma ci sono anche genitori che hanno un comportamento positivo».
Cioè che sono riusciti a togliere i cellulari ai figli?
«Sì, è capitato. Salvo poi ammettere che è stato difficilissimo: il figlio aveva reagito male, chiudendosi in se stesso. Si tocca una questione complicata, perché il cellulare è anche il portale delle relazioni del giovane, non ne possono fare a meno. Ma invece di avere un rapporto umano, diretto, con i compagni, comunicano con questi strumenti, potenti, che vanno trattati con un giusto mix: ci vuole molta autorevolezza ma non un atteggiamento autoritario che può suscitare rabbia da parte dell’adolescente. E questa rabbia può sfociare una reazione inconsulta: mai giustificabile. Se il ragazzo ha sbagliato, deve subire una sanzione, ma la sanzione deve avere, come chiede la legge, una validità formativa. Le sanzioni devono diventare un momento di discussione . Su una cosa però in classe, secondo me bisogna essere chiari: lo smarthpone va in cartella. E spento».
Complessità La situazione è delicata, perché lo smartphone è anche il portale delle loro relazioni