LE SCUOLE DI PUGILATO
Fra il Sud dove i ragazzi accoltellano le professoresse e un Nord in cui sono i genitori a passare alle vie di fatto, la Toscana pareva un’isola felice. Quanto avvenuto accaduto in istituto fiorentino, in cui un alunno ha sferrato un pugno a una docente che l’invitava a consegnare il cellulare, ha smentito questa speranza. Ma l’ha smentita solo per chi non è addentro alle vicende scolastiche. In realtà, come gli addetti ai lavori ben sanno, quello disciplinare è da tempo il problema di fondo della nostra scuola, a cominciare dalle prime e seconde di molti istituti professionali. I casi di classi mal governabili sono più frequenti di quanto non si creda. Se non se ne parla quanto si dovrebbe lo si deve spesso al riserbo degli insegnanti, che in molti casi preferiscono non denunciare episodi umilianti. A nessuno fa piacere mettere nero su bianco di essere stati mandati a quel paese da un ragazzino, e poi il «rapporto» potrebbe essere interpretato come un’autocertificazione della propria incapacità di tenere la disciplina. Manca ancora una seria documentazione sulle malattie professionali, non solo di indole psichica, fra i docenti.
Il dilagare dell’indisciplina a scuola è comunque il sintomo di un disagio sociale più vasto, ma è anche effetto della convergenza di due riforme che, pur ispirate a principi condivisibili, hanno provocato problemi al sistema dell’istruzione professionale. L’innalzamento dell’obbligo a 16 anni ha imposto la frequenza a ragazzi refrattari allo studio teorico, che in altri tempi avrebbero optato per l’apprendistato o per corsi tecnico-pratici. A questa si è aggiunta la «licealizzazione» dei professionali. Dal progetto 92 in poi le ore destinate ai laboratori si sono drasticamente ridotte, mentre sono aumentate le discipline teoriche. Di qui molte crisi di rigetto, che a volte può diventare anche violento. Tutto questo naturalmente non può costituire un alibi per comportamenti incivili, che vanno sanzionati senza incertezze. Una volta si andava a settembre col semplice 7 in condotta e nelle famiglie della buona borghesia anche un modesto 8 era considerato una vergogna. Non è il caso, certo, di rimpiangere il tempo in cui per uno scontro con un professore si veniva espulsi «da tutte le scuole del Regno», che oltre tutto non esiste più. L’importante è che esista e resista la scuola, intesa come ginnastica della mente e non come palestra di pugilato per il Franti di turno.