QUI SERVE UN COLPO D’ALA
«Che cosa aspettate?»: lo stupore espresso dal presidente di Rcs, Urbano Cairo, alla festa dei dieci anni del Corriere Fiorentino per l’incertezza che ancora avvolge il futuro dell’aeroporto di Firenze è forse la sintesi più efficace di tutte le contraddizioni del caso Peretola. Il progetto c’è, i finanziamenti pure. Così come l’elenco delle prescrizioni imposte dal ministero per rendere l’ampliamento dello scalo compatibile con la tutela ambientale. Eppure siamo di nuovo al muro contro muro, con sette sindaci della Piana (Prato, Sesto, Calenzano, Campi, Carmignano, Poggio a Caiano, Signa) che hanno fatto cartello contro il fronte del sì, che oltre a Toscana Aeroporti (cioè la società che gestisce il Vespucci) comprende Comune di Firenze e associazioni di categoria, Confindustria in testa.
La nuova pista significa sviluppo più sicuro per tutta l’area Firenze-Prato-Pistoia. Eppure sembra che questo non conti. Invece si fa leva sui timori per la salute, per la fauna, per l’equilibrio del territorio, nonostante le rassicurazioni. Dietro l’ultima levata di scudi c’è certamente l’accentuata incertezza politica dopo il 4 marzo. Gli amministratori della Piana sono evidentemente convinti che la contrarietà alla nuova pista di Peretola possa essere elettoralmente pagante.
Davanti al fronte del sì ci sono tre strade. La prima consiste in un’offensiva giocata sul consenso, andando a spiegare ai cittadini, nelle piazze di ciascun Comune, i benefici dell’opera e l’inconsistenza degli allarmi. La seconda è quella indicata dal governatore Rossi: non cedere sull’aeroporto, ma concedere in contropartita lo stop alla costruzione del termovalorizzatore, adottando il nuovo piano dei rifiuti proposto dalla Regione stessa; uno scambio che per ora non ha raccolto adesioni né da una parte né dall’altra. La terza prevede invece di lasciare che l’iter segua il suo corso (lento), aspettando le sentenze sui ricorsi e sperando che il nuovo governo italiano, quale che sia, non frapponga altri ostacoli.
Il sindaco Nardella chiede che sia la politica a scegliere, riappropriandosi del suo ruolo, senza più aspettare che sia la magistratura a decidere. Ma non è detto che i tempi siano ancora maturi per una svolta che, qui come altrove, sarebbe davvero rivoluzionaria. Non c’è più il Pci che in Toscana imponeva a tutti i suoi la stessa linea (giusta o sbagliata che fosse).
I meccanismi istituzionali sono del tutto inadeguati ai processi decisionali (vedi la debolezza della Città metropolitana). Le forze politiche stentano a delineare progetti concreti di governo (e la critica non risparmia neppure la maggioranza della Regione, che dovrebbe ritrovare slancio in vista della parte finale della legislatura Toscana). Tre buoni motivi per nutrire scarsa fiducia. Quindi serve un colpo di reni. Anzi d’ala.