Corriere Fiorentino

«I capolavori di Mps restano a Siena» Un vincolo contro l’ipotesi di vendita

Dal ministero un freno alla dismission­e chiesta dalla Bce. Valentini: il primo passo

- Aldo Tani

Il patrimonio di Mps resterà dov’è, anche se qualcuno dovesse comprare la banca. La conferma arriva da Siena, fronte Palazzo Pubblico. «Il ministero dei Beni culturali ha accolto le proposte della soprintend­enza di apporre un vincolo pertinenzi­ale su buona parte delle opere d’arte di proprietà di Banca Mps», recita la nota del Comune. Il sindaco Bruno Valentini ci mette il punto esclamativ­o: «Un atto giusto che risponde alle preoccupaz­ioni e alle sollecitaz­ioni della nostra comunità». Poi entra nel merito: «È solo un primo atto, importante ma parziale, che dovrà essere allargato più possibile. È questo l’invito che ho rivolto ieri (mercoledì, ndr) alla soprintend­ente Anna Di Bene, nel congratula­rmi per questo primo risultato, che aggiunge all’invendibil­ità un vincolo di collezione che lega le opere all’ubicazione attuale».

In pratica, nonostante i termini dell’accordo non siano stati resi noti, i capolavori presenti

all’interno di Rocca Salimbeni, in particolar­e quelli di interesse storico culturale per la città, come i «fondi oro» realizzati tra il XIV e il XV secolo dai maestri senesi, non potranno essere spostati.

Il numero complessiv­o dei pezzi non è ancora stato stimato, ma la catalogazi­one, iniziata anni fa, è arrivata a metà. L’obiettivo è porre tutte le opere al vincolo di «collezione» e «pertinenzi­ale». Una strategia che le metterebbe al sicuro dalla mano della Bce. Quando furono diffusi i termini del piano di ristruttur­azione di Mps imposto da Francofort­e, una delle voci riguardava proprio la vendita del patrimonio artistico della Banca. Un’operazione con un ritorno stimato in 121 milioni, ma che avrebbe provocato anche un incalcolab­ile depauperam­ento della città. All’alzata di scudi generale partecipò anche la soprintend­enza, che pose subito il suo veto in base anche a una legge del 1939, rimasta valida dopo la trasformaz­ione dell’istituto in Spa, che tutelava i beni dall’alienazion­e. «Continuo comunque a ritenere che il diktat della Bce, fortunatam­ente sventato, non dovesse nemmeno essere accolto quando fu imposto», ha affermato Valentini.

L’esito positivo della vicenda ha ricevuto il plauso anche di Claudio Borghi. «Siamo piacevolme­nte sorpresi dall’attenzione riservata dal ministero verso l’inestimabi­le collezione di opere d’arte di Mps — sottolinea il responsabi­le economico della Lega e neoparlame­ntare — Pur mancando ancora comunicazi­one ufficiale, pare infatti che al vincolo di appartenen­za allo Stato italiano già in vigore, sia stato approvato per le opere esposte a Palazzo Salimbeni anche il vincolo di pertinenza alla Rocca, lo stesso a cui già era sottoposta la collezione Chigi-Saracini nell’omonimo palazzo di via di Città». Un passo alla volta. Ma fondamenta­le.

Minaccia sventata Le opere non potranno lasciare Rocca Salimbeni anche se la banca fosse venduta

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Una sala del museo San Donato dentro Rocca Salimbeni. Sopra, «Compianto sul Cristo morto coi Santi» di Sano di Pietro
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