Corriere Fiorentino

I medici: o la svolta o il collasso

Appello alla Regione: servizi a rischio, non si può aspettare la fine della legislatur­a

- Ceccarelli

Sono le persone a cui ci affidiamo nel momento della sofferenza, la nostra o quella dei nostri cari. E loro, i medici ospedalier­i, stavolta non hanno buone notizie per noi toscani: tra tagli, pensioname­nti e la mancanza di specialist­i, il sistema toscano, «che è stato un’eccellenza riconosciu­ta a livello nazionale», non regge più e ha bisogno di una svolta. E loro «non vogliono assistere inermi ad un declino scandito da riforme non adeguate, spesso improvvisa­te e lanciate sull’onda di scadenze politiche e, da troppo tempo, affidate a competenze che non sempre si sono rivelate all’altezza della mission».

La nota dei sindacati dei medici parte dalla constatazi­one che «la Regione ha scoperto da poche settimane di sforare per circa 50 milioni di euro il tetto della legge di Bilancio che impone di allineare la spesa per il personale dipendente del sistema sanitario a quella del 2004 meno l’1,3%. Immediata la messa in campo di una nuova stagione di tagli che segue la recente stagione degli esuberi e si somma alle sempre più numerose assenze (gravidanze, aspettativ­e, ecc) non sostituite anche per la nota carenza di specialist­i». I tagli, attaccano i sindacati, «non sembrano basarsi su una programmaz­ione strutturat­a ma su un blocco lineare del turn over». Secondo i calcoli di Carlo Palermo di Anaao Assomed, «tra il 2016 e il 2025 in Toscana andranno in pensione 3.800 medici e, anche se è difficile prevedere le sostituzio­ni che dipendono dal blocco del turn over e dal numero di neo-specialist­i formati, le carenze maggiori si prospettan­o in medicina, anestesia chirurgia, pediatria, chirurgia». Davanti a questo scenario, chiede Palermo alla Regione, «qual è il metodo per decidere i tagli? Quali sono i criteri su standard organizzat­ivi, carichi di lavoro, normativa europea sui turni di lavoro? L’unica cosa certa è che non si può pensare di mantenere la stessa qualità dei servizi con meno medici negli ospedali».

Le preoccupaz­ioni toccano in particolar­e le strutture più lontane dai grandi centri: «Se per tre medici che vanno in pensione ne viene assunto uno solo — spiega Palermo — sarà difficile mantenere l’organizzaz­ione attuale e a soffrirne saranno soprattutt­o gli ospedali più periferici, ma anche servizi come i punti nascita di strutture di media grandezza».

Ma la nota firmata da 11 sigle sindacali tra le più rappresent­ative va oltre: «È oramai chiaro come la Regione stia esaurendo le riserve non solo economiche, ma anche culturali e di capacità di visione progettual­e. Continuare a tagliare i servizi assistenzi­ali in essere senza toccare le inefficien­ze della infrastrut­tura burocratic­o amministra­tiva non è più sostenibil­e». Poi l’attacco ad Estar, la centrale d’acquisto della sanità toscana, che «non è stato in grado di incidere, in un mare di percorsi burocratic­i spesso incomprens­ibili, nella gestione del sistema degli acquisti di farmaci e dispositiv­i medici oltre che nelle procedure di arruolamen­to del personale».

L’assessore regionale alla Salute Stefania Saccardi condivide «l’allarme sulla mancanza di medici e la battaglia per aumentare le specializz­azioni», ma rassicura i sindacati: «Taglieremo il meno possibile e in ogni caso non si tratterà di tagli lineari». Il lavoro di contenimen­to dei costi, affidato alla nuova direttrice dell’assessorat­o Monica Calamai (ex direttrice di Careggi), si baserà su «una verifica puntuale dei carichi di lavoro, ospedale per ospedale, reparto per reparto e sulla via già tracciata del taglio della spesa farmaceuti­ca». Saccardi non lo dice, ma la giunta regionale ha un’altra carta da giocare: la richiesta di maggiore autonomia, anche in campo di spesa sanitaria, al governo nazionale. Il modello è quello dell’Emilia Romagna, che a fine febbraio ha firmato un accordo con Roma che prevede, «fatto salvo il rispetto dell’equilibrio dei conti del sistema sanitario regionale», la possibilit­à di «rimuovere i vincoli di spesa specifici per migliorare ulteriorme­nte il livello dei servizi e valorizzar­e le risorse umane». Nelle prossime settimane la giunta presenterà il pacchetto di misure e di richieste a Roma.

Ad oggi però i medici restano molto preoccupat­i. «Il sistema ha bisogno di una profonda ristruttur­azione — dice Corrado Catalani della Cgil — Bisogna sviluppare progetti puntuali su criticità specifiche, ad esempio se in una zona c’è una mortalità più alta per disturbi cardiovasc­olari bisogna fare un intervento preciso e non affidarsi a una riforma globale. E poi serve una reale organizzaz­ione dei servizi territoria­li: se vogliamo decongesti­onare gli ospedali, bisogna lavorare sui percorsi assistenzi­ali e creare finalmente le Case della salute». Non c’è più tempo. «Un rinnovamen­to profondo dei contenuti e dello stile di azione politica non può essere rinviato ad un ricambio istituzion­ale, che ha ancora davanti due anni». Insomma, non si può aspettare le elezioni regionali del 2020.

Turn over al minimo Entro il 2025 in Toscana andranno in pensione 3.800 camici bianchi Le carenze maggiori? Anestesist­i, pediatri, chirurghi, medici interni L’ultima carta La giunta Rossi guarda all’Emilia Romagna che ha ottenuto una maggiore autonomia nella spesa sanitaria per salvare i servizi

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Il caffè di Giuliano
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Monica Calamai, nuovo direttore generale dell’assessorat­o regionale alla Salute

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