MURICCIOLI E TENDE COME TANTI PAESI, PRIMA DELL’ISOLOTTITÀ
Mi scrive una lettrice — su LinkedIn! Non mi era mai capitato, ma del resto sono tempi in cui da Facebook è saggio star lontani — con quella che suona come una sfida: scrivere del «suo» Isolotto «senza ricorrere alla retorica della periferia». Lo faccio, allora, partendo da un luogo — via Canova — che, tra benzinai, autolavaggi e condomini, proprio a tale retorica parrebbe irrimediabilmente prono. Eppure, a ben guardare, proprio all’altezza di un distributore Q8, si noterà un perturbamento nella monotonia del viale: la siepe che lo delimita si apre, ma invece della solita fermata del 5 vi prende l’avvio una stradella, ove si scorge una struttura che ha del rurale, più che del periferico. L’edificio — oggi ristorante — non è però sufficiente a sancire un discrimine, dato che non è raro, nella nostra periferia, l’inglobamento di sparse cascine. È solo procedendo lungo la strada, il cui nome è via delle Torri, che si realizza di aver superato un varco liminale: avviene quando compaiono certi vetusti muriccioli, del tipo che siamo abituati a vedere su verso Fiesole, più che da queste parti; seguono poi case la cui parsimonia di finestre tradisce un’impianto antichissimo, e solo le scritte a spray — «Isolotto odia» — fungono da geolocalizzatore, altrimenti si direbbe a colpo certo di esser dalle parti di via Bolognese. Il manifestarsi, al primo squarcio, di un campetto da calcio, dà poi l’impressione di trovarsi in un qualche rione fiorentino, sì, ma di qualche decennio fa, almeno stando alle tende verde scuro poste davanti alle porte d’ingresso delle case. In un nostro rione, se non nel quartiere decentrato di qualche paesotto: c’è il prefabbricato tra gli alberelli, lo sbuffo di canne da fiume, la villetta tinteggiata di un improbabile salmone, il residuo di maestaino che si incrocia col muro di cinta… La sede del Quartiere 4, eccola dopo la curva, potrebbe ben esserne il municipio. Al Viuzzo del Crocifisso delle Torri, il paesotto si fa città di medie dimensioni: potremmo essere a Empoli o a Grosseto, mentre a ogni passo prende piede un ovunque generico, tra porte di ottone e colonnini di cemento, fino alla sede della torrefazione Mokaflor, annuncio di fiorentinità che è prodromo di quello successivo, e di inequivocabile «isolottità», che giunge a dare, con la fine di via delle Torri, l’avvento di una via Lunga che proprio in via Canova pare specchiarsi alla distanza.