Quanto ci costa la Toscana che resta ferma
Veti e incertezze bloccano opere decise da anni Il conto delle ricadute su lavoro e investimenti
La Toscana, dopo le elezioni politiche, è ripiombata nell’estenuante discussione: nuova pista di Peretola sì o no? E del termovalorizzatore che si fa? E l’Alta velocità? I veti politici, con i sette sindaci tra Firenze e Prato che hanno fatto ricorso al Tar per fermare l’aeroporto, si incrociano con le difficoltà delle aziende (Condotte, ad esempio, titolare dell’appalto per la stazione Foster).
Ma non fare le grandi opere, o farle dopo anni, ha un costo. Un costo per la collettività, oltre che per le imprese, spesso non facile da calcolare ma sempre importante. E che, assieme all’incertezza del diritto — leggi alla voce ricorsi Tar — e alla complessità delle procedure, è un freno per la competitività della Toscana e del Paese. Urbano Cairo alla festa del decennale del Corriere Fiorentino ha ribadito che «ciascun euro investito nell’aeroporto ne porta 16 al territorio», chiedendosi poi «non capisco a Firenze cosa aspettate a farlo»; gli Industriali e le categorie economiche hanno sottolineaqui to il rischio di fuga degli investitori. L’Istituto di programmazione economica della Toscana (Irpet), prova a spiegare dati alla mano il prezzo nelle non scelte ed il vantaggio di quelle fatte. «Quantificare il costo di una mancata infrastruttura e del ritardo nella sua realizzazione non è semplice ma ci sono dati certi che ci aiutano — sottolinea Stefano Casini Benvenuti, direttore di Irpet — Il ritardo nella grandi opere è un male di tutto il Paese, ma certo noi toscani ci aggiungiamo del nostro, come nel caso della Tirrenica e della nuova stazione dell’Alta velocità di Firenze, che mentre Il presidente di Confindustria Luigi Salvadori alla manifestazione degli imprenditori per lo sviluppo dell’aeroporto di Peretola si discuteva Bologna ha già realizzato». Partiamo da un dato certo, dice Casini Benvenuti: «Nel costruire un’opera, un milione investito genera 1,2 milioni di Pil, di cui 800.000 euro restano in Toscana, e 22 occupati, 15 dei quali nella nostra regione. Basta applicare questo moltiplicatore (ad esempio lo sviluppo del Vespucci vale 350 milioni nei prossimi dieci anni, ndr) per capire le ripercussioni del non fare. Quando l’opera invece è terminata è la sua natura e la sua gestione che generano ricadute del territorio: è ovvio che un ospedale ha un impatto ben diverso da un aeroporto. Il nostro studio quantifica l’effetto del nuovo aeroporto Vespucci a regime in 16 euro sul territorio ogni euro investito». Com’è possibile? «Oltre alle attività esterne all’aeroporto ma collegate direttamente, dalle agenzie di viaggio ad alberghi e ristoranti, va considerato l’indotto sul turismo, sul settore fieristico e congressuale, sulle altre imprese, visto che parte del traffico già oggi è per business. Lo sviluppo di Peretola porterebbe poi seimila addetti in più, seimila posti di lavoro tra diretti e indiretti. È provato che gli aeroporti attirano investimenti». Se per Peretola il rischio sono i possibili ritardi, la stazione Foster e la Tirrenica sono state anche ridimensionate, dopo anni di discussioni e progetti. «In questo caso l’effetto sull’economia è doppiamente negativo perché si riduce l’impatto sia della fase di cantiere, sia di quella a regime; nella stazione Foster ad esempio non ci sarà più il grande centro commerciale. Nella Tirrenica — continua Casini Benvenuti — l’opera ha una funzionalità inferiore della prima ipotesi autostradale, per cui oltre al minore effetto della fase di cantiere ci sarebbe anche un ridimensio- namento dei suoi effetti a regi- me. Irpet ha fatto una stima sugli effetti del complesso di interventi infrastrutturali sulla Costa, zona in particolare difficoltà e ritardo; l’esito era che la loro realizzazione avrebbe condotto ad un aumento del Pil dell’area di circa l’1% corrispondente a 3.000 addetti».
Secondo in direttore di Irpet lo scenario è diverso per quanto riguarda il termovalorizzatore della Piana. «Io faccio solo considerazioni economiche. Siamo di fronte a scelte alternative per cui andrebbe fatta una valutazione comparativa degli effetti. Se la rinuncia all’impianto si collocasse all’interno di un progetto che prevede un’azione a monte sulla raccolta dei rifiuti, con in particolare un maggior ricorso alla raccolta differenziata porta a porta, si passerebbe da una tecnologia a intensità di capitale ad una ad intensità di lavoro. Questo potrebbe portare anche ad effetti positivi su occupazione ed economia».
Anche il fattore tempo ha un costo. «Certamente, sia in mancate ricadute economiche dirette ed indirette, sia nel tempo che i cittadini impiegano perché mancano infrastrutture, come stare in coda in auto o non poter prendere treni o tram; oltre ad un costo collettivo causato dall’inquinamento — conclude Casini Benvenuti — Nel caso della nuova pista di Peretola abbiamo stimato, con circa 2 milioni di passeggeri, in 39 milioni di euro l’anno l’impatto economico in termini di tempo risparmiato utilizzando lo scalo piuttosto che altri aeroporti o mezzi di trasporto. Cifra che con oltre 3 milioni di passeggeri l’anno salirebbe a 75 milioni».
Casini Benvenuti Nel costruire un’opera, un milione investito genera 1,2 milioni di Pil Di cui 800 mila euro circa restano sul territorio