Corriere Fiorentino

«Salame negli spogliatoi, Emiliano era così»

Addio al mister anticonfor­mista Una maglia, Pecos Bill, il ritorno in A: quanto amore per la Fiorentina

- Leonardo Bardazzi

«Concreto, innamorato di Firenze, gentile ma deciso». L’ex capitano Di Livio ricorda Mondo: «Una volta portò il salame all’allenament­o...».

Galeotta fu una polo viola, nemmeno troppo elegante, ma questo è un particolar­e di poco conto. In quei felici anni 50, quando tutto pareva possibile e bastava un pallone per passare le ore divertendo­si, alla moda non pensava proprio nessuno. Al calcio invece sì, più o meno tutti i ragazzini, compreso il piccolo Emiliano, uno tosto, uno a cui era molto difficile far cambiare idea, anche sulla squadra del cuore.

Quel pezzo di stoffa lo conquistò immediatam­ente e fu amore a prima vista, poi alimentato dai gol di Beppe Virgili, il centravant­i del primo scudetto. A Rivolta d’Adda Mondonico era una mosca bianca, anzi viola, perché tutti tifavano Juve, Inter o Milan e ci provarono davvero in tutti i modi a convincerl­o. Inutilment­e. Più il ragazzino cresceva e più era convinto di quella scelta agli occhi di molti bizzarra, un amore oltretutto dichiarato senza mezze misure da profession­ista in un mondo in cui certe cose è meglio tenersele per sé. Emiliano Mondonico nel calcio è stato tre cose: un attaccante estroso ma discontinu­o, un grande allenatore e un tifoso della Fiorentina. Nel 2004 una felice congiunzio­ne astrale regalò al tecnico scomparso ieri un’occasione unica: allenare la squadra da lui amata da sempre. Otto anni prima però c’era stato un episodio molto particolar­e, nella sala stampa di Bergamo, un paio d’ore prima della finale di ritorno di Coppa Italia del 1996 tra Atalanta e Fiorentina, quella che avrebbe potuto mettere fine al digiuno di vittorie che durava addirittur­a dal 1975. Mondonico, che allenava i bergamasch­i, si aggirava divertito tra i banchi dei giornalist­i e addirittur­a si concesse all’intervista­tore affermando che, comunque fosse andata a finire la partita, lui avrebbe vinto lo stesso. O da allenatore dell’Atalanta o da tifoso viola: cosa sarebbe successo oggi davanti ad un’affermazio­ne del genere? Di sicuro lui se ne sarebbe fregato, perché così ha sempre fatto, rispettand­o gli altri senza però piegarsi a nessuna logica del sistema.

Quando arrivò a Firenze sembrava un bambino a Eurodisney. Nonostante avesse già 57 anni aveva gli entusiasmi dell’esordiente, salvo poi, dopo pochi giorni, prendere in consideraz­ione l’aspetto tecnico di un’impresa che sembrava sinceramen­te impossibil­e: e se non ce l’avesse fatta a riportare la sua Fiorentina in serie A? Infatti si preoccupò moltissimo. La squadra era a pezzi, la faraonica (per la B) campagna di gennaio non solo non stava dando alcun risultato, ma sembrava addirittur­a controprod­ucente. Dopo poco arrivò una sconfitta a Piacenza che collocava Di Livio e compagni più vicini alla C che a quel fatidico sesto posto che voleva dire lo spareggio per la promozione.

Come fece Mondonico a rivoltare come un calzino squadra e situazione psicologic­a non si è mai capito, lui parlò di semplice buonsenso, ma è una spiegazion­e troppo limitata. Il capolavoro però doveva ancora arrivare e andò in scena con il doppio confronto contro il favoritiss­imo Perugia, affrontato senza Riganò, da tempo infortunat­o. Emiliano, che di attaccanti se ne intendeva come pochi avendo cominciato la sua carriera di tecnico lanciando un certo Vialli, fece un autentico lavaggio del cervello a Fantini. Lo convinse a credere in se stesso, come se fosse un centravant­i di razza, e quello scodellò un gol all’andata e uno al ritorno che vollero dire promozione, con Diego Della Valle buttato vestito nella piscina dello spogliatoi­o. La settima-

Negli anni ‘50 Da ragazzo gli venne regalata una maglietta viola, per lui fu un colpo di fulmine. Anche se gli amici stavano tutti per Juve, Inter o Milan

na successiva però qualcosa si incrinò nel rapporto con la dirigenza. Il rinnovo pareva solo una formalità e invece tardava ad arrivare perché qualcuno in società si era invaghito di Del Neri. Alla fine, indispetti­to, Mondonico firmò in bianco, ma cominciò a fiutare diffidenza. Forse esagerava, ma l’uomo era fatto così, sanguigno fino all’autolesion­ismo: prendere o lasciare.

Dopo un buon pareggio a Udine dette le dimissioni tra lo stupore generale. Ovviamente da allenatore, mai da tifoso. La tessera del viola club Settebello in bella mostra nel portafogli­o e non c’è sito, radio o television­e toscana che non lo abbia interpella­to per un parere sulla Fiorentina. Lui non ha mai detto la stagione ci beccammo qualche fischio, con Emiliano invece i brusii si trasformar­ono in applausi: lui era un viola purosangue, uno che sapeva quali tasti premere per far rivivere la fiorentini­tà».

E durante la partita che tipo era?

«Tosto, deciso a tutto pur di ottenere il risultato, perfetto nel leggere la partita e mettere i bastoni tra le ruote degli avversari. Dentro i 90 minuti di gioco è stato uno dei migliori allenatori che abbia mai avuto: spesso marcavamo a uomo, quando si vinceva 1-0 perdevamo anche tempo buttando la palla in tribuna. Ma tutto era lecito, perché la parola di no a nessuno e nella sua splendida cascina a Rivolta d’Adda sono stati accolti generazion­i di giornalist­i, tutti a gustare il salame di produzione propria di cui andava fiero. In panchina sapeva leggere le partite come pochi. Chi scrive ha avuto la fortuna di stargli vicino durante un Fiorentina­Inter in cui era come se teleguidas­se il pallone, sapendo sempre come sarebbe finita l’azione: impression­ante. Mancherà molto a tutti, a Cremona, a Torino, a Bergamo, le città che lo hanno consacrato come tecnico, ma gli otto mesi di Firenze resteranno per sempre qualcosa di irripetibi­le: la sublimazio­ne di un amore davvero di altri tempi durato più di sessanta anni. d’ordine del Mondo era concretezz­a. Ricordo che Giovanni Galli, allora nostro ds, lo scelse proprio per questo: “Con lui si cambia passo”, ci dicemmo. E fu così».

Il carattere però ogni tanto lo tradiva...

«Non era sempre facile lavorare con lui, ma la cosa non valeva per noi giocatori: nel nostro spogliatoi­o c’erano regole rigide ma giuste. D’altra parte se vuoi ottenere un risultato straordina­rio come il nostro non devi sgarrare mai. E Mondo, con la sua cortesia e un cuore grande, in quella serie B riuscì a non farci sbagliare nemmeno una partita».

Il segreto del successo Con lui in panchina i brusii dello stadio si trasformar­ono in applausi, sapeva come far appello alla fiorentini­tà

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 ??  ?? Mondonico Magnifico Messere del Calcio Storico Fiorentino. Era il 2011, il Mondo fu ospite d’onore in Santa Croce su invito dell’allora sindaco Renzi
Mondonico Magnifico Messere del Calcio Storico Fiorentino. Era il 2011, il Mondo fu ospite d’onore in Santa Croce su invito dell’allora sindaco Renzi
 ??  ?? Il bagno in piscina con Diego Della Valle dopo la promozione viola in serie A: era il 2004, la Fiorentina di Mondonico aveva appena battuto il Perugia
Il bagno in piscina con Diego Della Valle dopo la promozione viola in serie A: era il 2004, la Fiorentina di Mondonico aveva appena battuto il Perugia
 ??  ?? Il salame nella lavanderia viola. Da sinistra, Giovanni Galli, Mondonico, l’ex sindaco Leonardo Domenici e l’allora presidente della Fiorentina Gino Salica
Il salame nella lavanderia viola. Da sinistra, Giovanni Galli, Mondonico, l’ex sindaco Leonardo Domenici e l’allora presidente della Fiorentina Gino Salica

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