Corriere Fiorentino

Svuotare i magazzini, con un racconto

- Di Luca Scarlini

Il 24 dicembre del 1955 nel suo Discorso di Natale ai lavoratori, a Ivrea, Adriano Olivetti era stato chiaro: «Verso la fine del 1952 la fabbrica attraversò una crisi di crescenza e di organizzaz­ione che fu appena visibile a tutti, ma che fu non di meno di una notevole gravità». Insomma, nei magazzini c’erano moltissime macchine da scrivere e calcolatri­ci: l’unico modo di uscire dall’impasse era inventare una nuova rete di vendita. Così nacque una nuova visione legata all’apertura di negozi in tutto il mondo, spesso firmati da architetti e designer importanti, una nuova visione della vendita. Il direttivo dell’impresa scelse Firenze, per la posizione geografica, e il significat­o simbolico della città, come sede del Centro Istruzione e Specializz­azione Vendite, inteso, modernamen­te, come luogo per il racconto dell’impresa e dei suoi prodotti. I corsi ebbero inizio nel 1954 all’Aula magna di Architettu­ra, per poi essere trasferiti a Villa La Pietra, dove gli studenti potessero vivere insieme. Per questo la Olivetti prese in affitto da Hortense Acton Villa Natalia e poi altri edifici a Villa La Pietra, divenuta sede della New York University Florence. Oggi la mostra «L’idioma Olivetti 19521979» e l’omonimo libro di Caterina Toschi, ricordano con abbondanza di documenti un’esperienza poco nota, che ebbe un impatto notevole nelle vicende del marketing agli albori di una concezione nuova della comunicazi­one industrial­e.

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