Corriere Fiorentino

UN PARTITO O UNA STAMPELLA?

- di Paolo Ermini plermini@rcs.it

Èuna strana Pasqua post-elettorale. I vincitori del 4 marzo si trovano nella necessità di dare un governo al Paese, ma nessuno di loro ha vinto davvero e nessuno conosce l’esito del braccio di ferro che hanno ingaggiato sulla leadership. L’ex segretario del Pd toscano, Dario Parrini, uno dei parlamenta­ri più vicini a Matteo Renzi, però accusa: Lega e centrodest­ra sono in stallo e gli osservator­i mettono sotto accusa il Pd perché non si piega a fare da stampella a un governo dei Cinque Stelle, con i quali i Democratic­i non hanno alcuna affinità, né di principii né di programmi.

Chi spinge il Pd all’accordo con il M5S è mosso dall’esigenza di dare in qualche modo una guida al Paese. Ma è ricorrente anche un’altra motivazion­e: tanti italiani che hanno votato per Di Maio e C. sarebbero elettori «di sinistra». La Toscana offre un buon panorama per capire come il ragionamen­to si presti ad almeno un paio di obiezioni. 1) Visti i flussi del consenso, con lo stesso criterio il Pd dovrebbe essere disponibil­e ad appoggiare qualsiasi governo, compreso un governo Salvini, perché la Lega è avanzata soprattutt­o nelle zone popolari che un tempo erano roccaforti del Pci (basti pensare a Cascina). 2) Anche nella regione in cui è più robusto, dopo un voto negativo, ma non disastroso, il Pd ha bisogno di una cura ricostitue­nte. Di più, di una vera e propria ripartenza che dovrà basarsi su un progetto di lungo periodo tutto da mettere a punto nel prossimo congresso. Una prospettiv­a che ha bisogno di una leadership in grado di prendere iniziative politiche anche immediate. Ma ipotizzare che il primo atto sia una sorta di genuflessi­one ai Cinque Stelle non risponde ad alcuna logica. Dovrebbero essere semmai coloro che rivendican­o la premiershi­p a fare un passo. Ad avanzare un’offerta.

Il partito diretto in (semi) incognito da un segretario nettamente sconfitto nelle urne è una variabile che non potrà reggere a lungo. Ma questo non può essere un motivo sufficient­e per chiedere a un Pd in crisi di autocandid­arsi alla sparizione. Il Paese e anche la Toscana hanno più che mai bisogno di una forza autenticam­ente riformista capace di contendere la ribalta politica ai suoi nuovi protagonis­ti, populisti e sovranisti arrivati all’incrocio tra promesse e realismo. La democrazia vive di alternanza tra idee credibili, non di avvicendam­enti tra una delusione e l’altra.

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