Corriere Fiorentino

SULLE TRACCE DI CARNIGLIA

- di Sandro Picchi

Quando una squadra vince sei partite di fila tutto si può pensare meno che sia stato il caso a determinar­e la serie positiva. La Fiorentina ha reagito alla scomparsa del suo capitano con una forza d’animo e una coesione che l’hanno portata in alto nella classifica e nei cuori dei suoi tifosi. Poco più di due mesi fa la squadra viola toccò il punto più basso della stagione perdendo per 4-1 al Franchi contro il debole Verona ed era impensabil­e che potesse rilanciars­i in questo modo, «minacciand­o» il record di otto successi consecutiv­i ottenuto nel 1959-60. Altri tempi, verso i quali per pura curiosità rivolgiamo lo sguardo. L’allenatore era Luis Carniglia, argentino di Buenos Aires, provenient­e addirittur­a dal Real Madrid. Qualche giornale insinuò che al Real, Carniglia non fosse esattament­e il responsabi­le tecnico. Don Luis replicò affermando che al Real aveva carta bianca, provocando nel Guerin Sportivo di allora una serie di vignette di Marino, bravo e malizioso disegnator­e, nelle quali Carniglia, in qualche modo, era sempre in compagnia di rotoli di carta bianca che, purtroppo per lui, erano di carta igienica. Carniglia si prese una rivincita battendo il Real Madrid in amichevole a Firenze e infilando quella serie di vittorie, a metà campionato, che portò la Fiorentina in alto, fino al secondo posto, traguardo oggi prestigios­o, ma allora quasi lacrimevol­e, essendo, tra l’altro, il quarto consecutiv­o. Carniglia aveva un tratto da star del cinematogr­afo ed era solito rispondere alle domande dei giornalist­i in due modi: «Para amigos e official». I cronisti dell’epoca raccontava­no che para amigos, cioè in via confidenzi­ale, Carniglia dicesse cose strepitose ma con l’obbligo di pubblicare quelle official, che sapevano di poco. Per raggiunger­e la Fiorentina di Carniglia, Pioli, che sette vittorie di fila le ha ottenute con l’Inter, dovrà battere Spal e Lazio nelle due prossime partite in casa. Ma non è la caccia al record che preme. È la qualificaz­ione europea il traguardo. Anche se non venisse, nessuno dimentiche­rà il dopo Astori e il valore umano dei giocatori viola.

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