Giocarsi un’altra carta
La Cina si chiama fuori dalla partita del riciclo: crollano i prezzi del macero e per Lucca è un’occasione Ma per lavorare più fibre di scarto servono più impianti
Si fanno sentire i primi effetti del blocco cinese delle importazioni dei rifiuti di bassa qualità: il macero, ossia le fibre di recupero della carta, costa meno. Una benedizione per il distretto cartario lucchese, punto di riferimento in Italia e in Europa, che da sempre lo importa da tutto il Paese per approvvigionare le proprie cartiere. E ora lo può comprare a minor prezzo. Recentemente la Cina, gigante che ha sempre condizionato il prezzo sul mercato mondiale, ha messo in atto misure per impedire l’importazione degli scarti di bassa qualità. La decisione sta assumendo ancora più rilevanza perché si inserisce nel contesto di una possibile guerra commerciale, dagli esiti incerti, tra Cina e Usa. Il distretto lucchese, che nel 2017 ha fatturato 4,4 miliardi
Confindustria e Assocarta chiedono certezze sul termovalorizzatore
«Il blocco cinese può essere una opportunità, ma il processo per smaltire gli scarti va compreso nella filiera»
di euro, non ha mai esportato in modo significativo verso la Cina, tanto meno il macero. Nel 2017 ha venduto verso la Repubblica popolare prodotti di carta e cartone per un valore di 1,4 milioni di euro, importandone però per circa 4 milioni. Cifre irrilevanti rispetto agli scambi commerciali complessivi del distretto, che esporta principalmente in Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Polonia e Svizzera per circa un miliardo di euro.
Il distretto lucchese ha un’alta capacità di riciclo: nel 2016 le cartiere italiane hanno reimmesso nel ciclo produttivo circa 4,9 milioni di carta di tonnellate da riciclare, di queste il 30,1% è lavorato in Toscana, il 29,8% a Lucca. E ora che è venuta meno la concorrenza cinese, il macero costa meno: un vantaggio per il sistema cartario, dopo che nei mesi scorsi il prezzo era schizzato alle stelle. Discorso diverso, invece, quello sulla cellulosa, il cui prezzo è esploso del 45%, e della carta cosiddetta «tissue» (quella per uso igienico o domestico), che registra anch’essa un aumento.
Se fino all’entrata in vigore del blocco cinese l’Italia, su 7 milioni di tonnellate di fibre di recupero da riciclare, ne esportava circa 1,5 verso i Paesi asiatici, ora quei camion di rifiuti deve riciclarli a casa sua. E Lucca sta chiamando, per alimentare le sue cartiere. È anche vero che questa oscillazione del prezzo del macero potrebbe portare tensione alle società municipalizzate che gestiscono la raccolta differenziata. E creare un potenziale sbilanciamento, su cui il presidente della sezione Carta di Confindustria Toscana Nord Tiziano Pieretti, lucchese, mette in guardia: «Vanno evitati questi sbilanciamenti dovuti alle oscillazioni del prezzo del macero. Da una parte, se c’è la Cina, ne traggono vantaggio le aziende dei rifiuti, se non c’è la Cina, invece, ne traggono vantaggio le cartiere». Per andare oltre le speculazioni serve «una seria politica industriale — continua spiega Pieretti — Una strategia complessiva a Lucca, una politica che sostenga tutta la filiera». Filiera che deve essere concepita nel suo complesso, perché «parte da chi mette i rifiuti nei cassonetti e passa da chi li raccoglie e poi li tratta. E finisce con la lavorazione degli scarti». Il pulper, cioè la macchina che spappola le fibre di recupero, e lo smaltimento dei suoi scarti, sono un’annosa questione per cui le cartiere lucchesi non hanno ancora trovato una soluzione: «È indubbio che il processo di smaltimento va compreso nella filiera» conclude Pieretti. Così il cerchio della carta si chiuderebbe. Secondo le proiezioni di Confindustria, in seguito al blocco cinese, il pulper è destinato ad aumentare. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Assocarta Massimo Medugno: «Serve sicuramente una migliore raccolta differenziata. E poi impianti di lavorazione migliori. Il blocco cinese rappresenta un’opportunità: occorre fare una politica industriale seria sul riciclo, che tenga conto dei principii dell’economia circolare. L’industria cartaria italiana si conferma al quarto posto a livello europeo, dopo Germania, Svezia e Finlandia. E possiamo fare meglio».
Creare dunque buona economia, che inizia e termini sul territorio lucchese, tenendo in considerazione tutti gli aspetti della filiera. Inoltre, se tutta la carta riciclata diventerà di qualità, secondo gli industriali, si potrà riprendere a esportarla. Per quanto riguarda gli scarti di lavorazione, «bisogna puntare — sottolinea Medugno — sul recupero energetico, prima ancora che sulle discariche». Un obiettivo su cui tutti i rappresentanti della carta si trovano d’accordo. Torna alla ribalta il tema del termovalorizzatore, su cui Confindustria e Assocarta continuano a chiedere certezze. Una necessità sempre più impellente, anche se continua a trovare molti ostacoli.