Il welfare in azienda fa bene a tutti (ma qui non decolla)
Sanità integrativa, bonus nido e rimborsi, in Toscana solo una Pmi su trenta ci crede I perché dello scetticismo e tre storie simbolo di chi lo fa con successo
Convertire il premio di risultato in beni e servizi per i dipendenti con un doppio vantaggio fiscale, sia per il lavoratore che per l’impresa. È la nuova forma del welfare aziendale, novità introdotta dalla Finanziaria 2016, che è ormai una realtà consolidata per le grandi imprese e inizia a muovere, molto lentamente, i primi passi anche tra le Pmi. Per avere un’idea della situazione fra le aziende più piccole, basta pensare che fra le 1.150 Pmi associate a Confindustria Firenze solo 35 hanno chiesto informazioni sulla piattaforma attivata dall’associazione per erogare i servizi di welfare.
Cos’è che rallenta l’adozione di una pratica che promette solo benefici per tutte le parti in causa? Il primo ostacolo è lo scetticismo, spiegano da via Valfonda, non solo da parte dei datori di lavoro ma anche degli stessi dipendenti che storcono il naso e sulle prime preferiscono avere il denaro in busta paga, anche se in minore quantità perché tassato, rispetto ai servizi. Un premio di risultato di mille euro lordi, se erogato in busta paga viene tassato: il costo per l’impresa è di 1.300 euro e al lavoratore restano 810 euro spendibili (il cuneo fiscale è pari a 490 euro). Se invece il premio viene erogato sotto forma di benefit il cuneo fiscale si azzera: il costo per l’azienda è di mille euro e il dipendente ha mille euro spendibili. In sostanza, se si riesce a stipulare un accordo per trasformare il denaro in servizi, i dipendenti beneficiano di un aumento del potere di acquisto del 10% e le aziende azzerano il peso del fisco. La sensibilità e l’apertura al cambiamento sono quindi il primo ingrediente. Perché se poi si riesce ad attivare il processo, i risultati sono positivi per tutti e offrono una risposta alle pofra litiche di contenimento della spesa pubblica per la riduzione del deficit che negli ultimi anni hanno generato un crescente bisogno di prestazioni integrative in ambito previdenziale, sanitario e dei servizi a favore della famiglia. Nei «pacchetti» che le aziende possono attivare ci sono polizze assicurative, sanità integrativa, buoni per lo studio e la formazione, servizi per la gestione della famiglia e degli anziani, ma anche attività sportive e culturali, abbonamenti al trasporto pubblico.
Che migliorare la vita dei dipendenti dia buoni risultati e sia possibile anche per le aziende piccolissime lo dimostra lo studio di Piermassimo Aversano, ragioniere e consulente del lavoro di Pistoia che ha 6 dipendenti, tutte donne e tutte assunte a tempo indeterminato: è talmente virtuoso che l’anno scorso si è piazzato i «campioni» italiani selezionati come vincitori del Welfare Index Pmi di Generali (i vincitori 2018 saranno annunciati domani a Roma). «Sette maternità in sette anni — dice il titolare dello studio — Abbiamo dato la massima attenzione a un equilibrio soddisfacente fra vita privata e professionale: le lavoratrici scelgono le ferie e i giorni liberi, hanno autonomia nella gestione degli orari di ingresso e di uscita; se hanno bisogno di accudire i bambini lavorano da casa. Tutto si basa sulla fiducia e sulla convinzione che questo significa anche responsabilizzazione». Il risultato? «Si organizzano da sole e il lavoro è perfetto». Già nel 2017 lo studio offriva alle collaboratrici anche l’assistenza sanitaria integrativa e da quest’anno è attiva una convenzione «aperta» che consente di scegliere i servizi tramite una app sul cellulare: dalla baby sitter al dog sitter, dai buoni spesa a quelli per l’acquisto dei libri. E in studio è stata allestita anche una saletta per i bambini, con tavolino e giochi.
Fra i pionieri del welfare integrativo c’è anche Monnalisa, azienda aretina fondata nel 1969 specializzata nell’abbigliamento di alta gamma per bambini, con un fatturato di 40 milioni di euro e 230 dipendenti, in gran parte donne. Fin dal 2015 ha avviato un ambizioso piano di welfare aziendale: i lavoratori di Monnalisa possono contare sul rimborso del viaggio tra casa e ufficio, mensa aziendale, orario elastico, sostegno nelle spese per salute prevenzione e cura. L’azienda riserva una particolare attenzione al sostegno alla maternità e al lavoro femminile, alle pari opportunità. Attenzione che le è valsa, lo scorso anno, la menzione speciale Valore Donna del Welfare Index Pmi di Generali. «Sono molto orgoglioso della politica di welfare introdotta, molto innovativa per una Pmi italiana» dice Piero Iacomoni, fondatore e presidente di Monnalisa. «Il 70 per cento dei nostri lavoratori ha figli in età scolare e due dipendenti su tre sono donne. È un segnale di attenzione verso i nostri collaboratori e un riconoscimento delle fatiche della conciliazione, garantire benefit come la copertura sanitaria integrativa e una redistribuzione del valore generato da Monnalisa tramite il rimborso delle spese di asili nido e rette scolastiche».
La scorsa settimana a Prato è stato firmato il primo accordo di secondo livello per una Pmi del manifatturiero: Effedue, che produce macchine per il finissaggio tessile, opera nella
Monnalisa
Un segnale di attenzione verso i nostri collaboratori garantire benefit e rimborsi
lavorazione della lamiera e nella produzione di carpenteria metallica in ferro e inox, ha sottoscritto un’intesa con la Fiom che consente ai dipendenti di acquistare servizi (rimborsi per l’acquisto di libri scolastici, prestazioni sanitarie, cura della persona, corsi di formazione, assistenza domiciliare ad anziani e ammalati, rette degli asili, attività sportive, viaggi) su una piattaforma online. «Anche a noi datori di lavoro fa piacere che un collaboratore che si è meritato un premio possa goderne fino in fondo — dice Asterio Magheri, presidente e Ad di Effedue — senza decurtazioni e ottimizzandone il potere di acquisto. Per noi è una novità assoluta, un esperimento che condurremo per tre anni e che, se convincerà sia la proprietà che i lavoratori, potrà essere riproposto anche in seguito».
Effedue
Per noi è una novità assoluta, un esperimento che faremo per tre anni e poi valuteremo insieme