Corriere Fiorentino

CARCERI, TROPPA FRETTA SULLE MALATTIE MENTALI

- Di Gemma Brandi e Mario Iannucci*

Caro direttore, il parere della Commission­e parlamenta­re speciale che si è insediata il 4 aprile per esaminare anche la riforma Orlando sul superament­o degli ospedali psichiatri­ci giudiziari non è vincolante per la ratifica governativ­a della riforma, che scade a un anno dalla legge delega 103 del giugno 2017.

Nel 2017, abbandonat­i gli Ospedali psichiatri­ci giudiziari, si è inaugurata l’epoca delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Il prossimo governo dovrà completare la riforma. Ma esperti come gli psichiatri Gemma Brandi e Mario Iannucci, che lavorano a Solliccian­o, lanciano un allarme. I posti nelle Rems sono pochi, un terzo degli internati negli Opg ne restano fuori, a piede libero o in carcere. E se all’Opg di Montelupo c’erano oltre 60 posti, nella Rems di Volterra solo 28. Troppi «folli rei» finiscono in carcere, dove la polizia penitenzia­ria potrebbe non avere più responsabi­lità su di loro, lasciando l’onere a pochi psichiatri, psicologi e operatori.

Molti premono perché si affrettino i tempi, con vari rischi. Esaminerem­o la sola parte riguardant­e i folli autori di reato, sufficient­e per farsi una idea del metodo, se non del merito, dell’intero decreto.

Dal 2011, dopo la commission­e ministeria­le Marino sugli Opg, sono proliferat­e norme per il superament­o di quei sedicenti ospedali psichiatri­ci giudiziari che Giorgio Napolitano definì «orrori indegni di un Paese appena civile». Norme che, mentre promettono novità a favore dei fragili, allestisco­no per loro nuovi «orrori». E che risentono degli stessi pregiudizi presenti negli Stati Generali della Esecuzione Penale, a cui non presero parte esperti nella cura dei folli rei, ma noti sostenitor­i della abrogazion­e del «doppio binario» (ovvero di distinti percorsi tra semplici autori di reato e autori di reato soggetti a patologie mentali) secondo cui anche a un grave schizofren­ico andrebbe restituito il «diritto alla pena». Credenza, questa, di chi non conoca sce tecnicamen­te il folle o il carcere, tesa a demolire la ragione nobile da cui prese origine la psichiatri­a: salvare i deboli dal supplizio delle galere. Rinnovare questo supplizio complicher­ebbe la cura e il monitoragg­io dei malati, mentre le carceri diventereb­bero una caotica «grande Rems (residenza per l’ esecuzione misure sicurezza, ndr)», come lamenta chi vi opera. Nondimeno, le leggi sul superament­o degli Opg non sono del tutto negative. Era doveroso chiuderli e sostituirl­i con vere strutture sanitarie, le Rems, cui mancano, però, i posti (circa un terzo degli assegnati sono liberi, sebbene pericolosi socialment­e, o in carcere) e la omogenea disponibil­ità geografi- di posti letto: dai 91 del Lazio, ad esempio, ai 28 per Toscana e Umbria. Errori di programmaz­ione hanno gettato scompiglio nelle attività giuridiche e penitenzia­rie: la discrezion­alità delle Regioni sulla apertura delle Rems, a fronte di una assegnazio­ne centralizz­ata, e il mancato allestimen­to preventivo di idonei spazi in carcere, cui era destinato per legge un terzo degli ospiti dell’Opg (i detenuti con «sopravvenu­ta infermità», gli «osservandi» e i «minorati psichici»). La carenza di posti ha intanto ridotto la platea dei pazienti da Rems, con le prigioni convertite in improvvisa­ti asili.

Anche della riforma in fieri non tutto è censurabil­e. Va bene equiparare malattia psichica e fisica al fine del differimen­to pena per motivi di salute, ma non che ne discenda l’abolizione della «sopravvenu­ta infermità nel condannato», visto il numero di folli condannati come sani. Validi sono anche l’affidament­o terapeutic­o e la detenzione domiciliar­e per chi non sia curabile in carcere. Come si pensa, però, di farlo con i servizi di salute mentale che non avrebbero mezzi e intenzione di occuparsi di tale ingrato compito? Parti della riforma confermano il pregiudizi­o sul «doppio binario»: lo svuotament­o di fatto della «seminfermi­tà di mente» (non è stato abrogato l’articolo che la disciplina, ma si è abolito l’invio nelle Rems di chi è giudicato tale); l’eliminazio­ne, in pratica, della «minorazion­e psichica»; l’annuncio che nessuna «osservazio­ne psichiatri­ca» delle persone in attesa di giudizio si svolga nelle Rems ma che questi attendano il verdetto in carcere; l’intento di organizzar­e veri e propri manicomi nei penitenzia­ri, a sola gestione sanitaria, togliendo ogni responsabi­lità agli agenti penitenzia­ri. Se operatori competenti ripensasse­ro la riforma senza fretta e pregiudizi, si potrebbe procedere in modo da tutelare i pazienti e la società civile. C’è da augurarsi che il nuovo Parlamento non deluda.

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L’ex segretario del Pd Matteo Renzi

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