La patente ai tossicodipendenti? «Caso per caso»
Il professor Patussi: «Noi puntiamo al loro recupero. Vanno monitorati, non puniti»
Come si decide su una patente per una persona che ha problemi con le sostanze stupefacenti? «Caso per caso». A spiegarlo è il professor Valentino Patussi, che a Careggi si occupa di alcol e di patologie correlate ed è membro della commissione patenti di Firenze e di Empoli: «È chiaro che in caso di dipendenza il via libera non può essere dato — spiega — ma il nostro obiettivo dev’essere la remissione della dipendenza e quindi sulle eventuali ricadute (sporadiche, ndr) è necessario valutare chi si ha di fronte e il suo percorso».
A valutare il quadro di un paziente che ha problemi con cocaina, eroina o altri stupefacenti è il Sert (mentre è il centro di consulenza alcologica nel caso di alcolisti), che fornisce una relazione clinica alla commissione patenti: all’interno di quest’ultima è la commissione medica locale (Cml), sulla base di quanto dichiarato dal Sert e dal certificato anamnestico del medico di famiglia, a deliberare sull’idoneità o meno del soggetto interessato, da girare poi alla motorizzazione per il rilascio della patente.
In questo contesto, anche se non ha l’ultima parola, è comunque il Sert ad avere un ruolo cruciale nella valutazione. E, anche dopo l’eventuale rilascio della patente, a disporre analisi periodiche (urine, sangue, capello) per verificare il percorso del paziente. Il monitoraggio non viene affrontato con regole fisse: «Se da un controllo capita un caso di una persona positiva alla cocaina, non necessariamente si esprime subito parere negativo e lo si segnala alla commissione patenti. Bisogna vedere se è recidivo. Quindi si stringe la cinghia dei controlli, che diventano più frequenti. E se si vedono ricadute allora bisogna prendere provvedimenti». Il recupero di tossic i e a l co l i s t i è lungo e complesso, il lavoro del medico deve puntare al loro recupero, non alla punizione. «Del resto, bisogna tener conto che nella società attuale la disponibilità della cocaina è pari a quella dell’alcol — prosegue Patussi — È facilissimo trovarsela davanti, ormai è diventata come fare l’aperitivo». «Per questo, quando succede che uno dei pazienti lavori come trasportatore per un’azienda — spiega — prendo contatto col titolare per coordinare i controlli, per integrarli, per fare un lavoro comune, visto che anche l’azienda deve disporre controlli periodici del sangue».
Quanto a Careggi, Patussi spiega che «noi di norma ci affidiamo all’analisi del capello, non a quella delle urine: una volta, facendo le urine, mi è risultato un paziente incinto. Gli ho fatto le congratulazioni, ma poi gli ho spiegato che uomini e donne hanno urine diverse».
Quando un paziente lavora nei trasporti ci accordiamo con le aziende per i controlli