La fabbrica delle sigarette e quelle perquisizioni nelle sottovesti delle operaie
Fino a qualche decennio fa ci arrivava anche il treno e vi si produceva una popolare marca di sigarette: le MS, sigla del Monopolio di Stato, interpretata dai maligni come acronimo di Morte Sicura. La ferrovia arrivava all’interno della struttura, con i portoni dei magazzini che si aprivano sulle teste di binario. Era stata costruita dall’impresa di costruzioni che l’ingegner Pier Luigi Nervi aveva fondato nel 1932 insieme a Giovanni Bartoli. E, nell’enorme struttura della Manifattura Tabacchi delle Cascine non è difficile rinvenire la mano del grande artefice dello stadio comunale, non solo per la torre vetrata svettante sopra l’edificio del Dopolavoro, compiaciuta citazione della torre della Maratona. Quest’opera inaugurata il 4 novembre del 1940 compendiava molti aspetti della cultura non solo architettonica di un’epoca: il rigore razionalista dell’impianto e il gusto classicistico dei bassorilievi di Francesco Coccia raffiguranti le fasi della lavorazione del tabacco, il cemento armato della struttura e le facciate in travertino, la funzionalità industriale e una sollecitudine in anticipo sui tempi per la sicurezza e per quello che oggi definiremmo il benessere del personale. Non solo la Manifattura era provvista di «spazi maternità» per consentire ai dipendenti, in prevalenza donne, di lasciare i figli, ma il complesso del Dopolavoro, oggi teatro Puccini, nasceva privo di barriere architettoniche e con un sistema di uscite d’emergenza ancor oggi attuale. Era una tipica realizzazione dell’ultimo fascismo, preoccupato di andare «verso il popolo» quello che il Monopolio Tabacchi costruì fra il fosso Macinante, la ferrovia e il Mugnone, nell’intento di decentralizzare concentrandola in un’unica grande e luminosa struttura la produzione di sigari e sigarette, prima divisa fra i malsani edifici medievali di Sant’Orsola e San Pancrazio.
Nel volgere di pochi anni invece fu il popolo ad allontanarsi dal regime. Le sigaraie, stanche della quotidiana umiliazione della perquisizione al termine dei turni lavorativi, con la «maestra» che guardava nella sottoveste per controllare eventuali furti di sigarette per il «damo», furono in prima linea del movimento antifascista. Nell’agosto del 1944 proprio la linea del Macinante e del Mugnone divenne teatro di scontri fra i partigiani e i paracadutisti tedeschi in ritirata.
Col dopoguerra la manifattura riprese a pieno ritmo il lavoro e i suoi 15.ooo metri quadri di laboratori e officine ospitarono fino a 1.400 lavoranti. Erano i tempi in cui fumavano tutti: l’adolescente che voleva arrochirsi la voce per fare colpo sulle ragazze, il soldato al quale le Nazionali senza filtro erano distribuite insieme alla decade, il professore in cattedra, lo studente al gabinetto, il conduttore televisivo in studio, l’attore sul set, magari sovvenzionato dalle multinazionali del tabacco. La grande Milly cantava «L’uomo è fumatore» in una delle sue ultime uscite televisive ed Herbert Pagani, cantautore progressista, spopolava a Radio Montecarlo in una trasmissione intitolata «Fumorama» e sponsorizzata da una nota marca di sigarette. Oggi (per fortuna) si fuma molto meno e la Manifattura Tabacchi ha trovato una nuova destinazione come centro polifunzionale. È un ennesimo sintomo della deindustrializzazione di Firenze, ma al tempo stesso un’alternativa al degrado. Del resto la produzione era finita nel 2001, dalle Cascine non passa più il treno ma il tram e presto le uniche sigaraie che si ricorderanno nel parco saranno quelle di una discutibile edizione della Carmen allestita al Palazzo della Musica.