«Il mio romanzo d’amore pensando a Truffaut»
L’esordio di Giorgio Biferali con Tunué. «Un racconto contemporaneo e vintage»
«È strano, le persone si incontrano, si amano, si sposano, hanno un bambino. Noi abbiamo fatto una gran confusione ma il risultato è lo stesso» ironizzava Antoine Doinel, personaggio alter-ego di Francois Truffaut in cinque film. Riportando il concetto dalla pellicola alla carta, da Parigi a Roma, dagli anni ‘60 a oggi, poco cambia. Gli effetti di sconquasso dell’amore non sono cambiati. O almeno così ci racconta lo scrittore romano non ancora trentenne Giorgio Biferali. Oggi (ore 18) alla libreria Lettera22 di Viareggio e domani (stessa ora) alla Ibs-Libraccio di Firenze insieme a Gabriele Merlini presenterà il suo romanzo d’esordio edito da Tunué nella collana diretta da Vanni Santoni. Il titolo è rivelatore della sua ispirazione: L’amore a 20 anni, lo stesso del film collettivo del 1962 in cui Truffaut esplorava i primi turbamenti amorosi del suo Antoine. Qui ci sono Giulio e Silvia, l’università, le famiglie, la voglia di amarsi, ma anche no. E un segreto crudele. «È un racconto tanto legato alla contemporaneità quanto nostalgico e vintage — dice l’autore — in una continua oscillazione temporale tra il presente di Tinder, Instagram, e l’assistente digitale Siri dell’iPhone, e quel senso di innocenza astratta, quell’atmosfera che ricordo dall‘infanzia negli anni ‘90 che potremmo ritrovare in un amore epistolare o in una telefonata da una cabina in strada». Un romanzo d’amore dove è l’atmosfera dell’amore a essere importante: «Anche il cielo cambia umore al cambiare dell’umore dei personaggi» dice l’autore con un’immagine cinematografica, che è il mondo in cui intende portarci. Le dimensioni liquide e impalpabili dei concetti odierni di coppia e famiglia «si mescolano tra loro, all’inizio sono una cosa sola, grazie all’immagine molto forte dei genitori non divorziati come quelli di tutti gli altri». E si immergono in un mondo codificato come quello dell’Università che Biferali usa come «scenario ideale dove far succedere tutto, uno sfondo, un palcoscenico dove ogni elemento si perde e si ritrova, tutto si scioglie, si trasforma, si confonde». L’autore ammette a cuore aperto: «Sono un malato di Truffaut e affezionatissimo alla saga di Doinel, specialmente de L’amore a 20 con la sua storia con Colette. Lui è fragile, folle, fa una marea di errori, ma rimane sempre puro. Tra il mio Giulio e Antoine, il parallelo è inevitabile, la trama del racconto mi ha ispirato come poche altre cose».