Grasso: che errore per la Rai fare a meno di Baudo
Aldo Grasso racconta 60 anni di tv, tra cult, trash e l’epica perversa della cronaca nera Martedì sarà alla Leopolda alla «Supermostra» di Esselunga. E con lui ci sarà il padre dei conduttori
«Che errore hai fatto, cara Rai, a mandare in pensione Pippo Baudo». E come se non bastasse: «Che errore hai fatto», sempre cara Rai, a «scendere a patti con Maria De Filippi». Eppure — stranamente, date queste premesse, sostiene il critico televisivo del Corriere della Sera, Aldo Grasso — «non si è mai vista una televisione tanto viva e con tanta qualità come adesso». Tracciare un bilancio di 60 anni di piccolo schermo è compito arduo da assolvere in un pomeriggio. Ma Aldo Grasso e Pippo Baudo ci proveranno martedì prossimo alle 18.30, ospiti della Fondazione Corriere della Sera nell’ambito della Supermostra per i 60 anni di Esselunga alla Leopolda.
Aldo Grasso, quali sono stati il punto più alto e quello più basso di 60 anni di tv?
«I due punti coesistono, da sempre. Il periodo stesso che stiamo vivendo, tra molte critiche e indignazioni di chi non si ritrova più in certi modelli, è allo stesso tempo il momento di massima vitalità».
In cosa tocchiamo il fondo? «Nell’attuale tendenza, anzi mania della tv, di voler fare da secondo tribunale, di tenere sempre accesi processi che non finiscono mai. È un’epica perversa della cronaca nera, come se la televisione volesse farsi giustizia da sola».
E dove vede la qualità? «Nella serialità americana che ha tolto alla tv il complesso di inferiorità che aveva nei confronti del cinema e del teatro».
Parliamo di Pippo Baudo: è ancora il lui il punto di riferimento?
«Non ha più un suo programma di punta come conduttore ma il problema è che purtroppo la Rai non si è resa conto che avrebbe potuto sfruttare certe professionalità anche in altro modo: uno come lui non necessariamente deve condurre un programma ma rimane una risorsa fondamentale. La Rai dovrebbe dotarsi di una scuola interna e affidarla a figure cardine come Baudo che sappiano insegnare come si fa la tv e come si sta in scena. Basta accendere il teleschermo per notare a quanti manchino proprio i fondamentali».
Cosa ha fatto di Pippo Baudo il numero uno?
«Il fatto che fosse un regista in campo: che non vuol dire solo scegliere un’inquadratura ma anche dettare i tempi, saper sottolineare le cose importanti. Faceva “scrittura” nel momento stesso in cui era in scena».
Da Mina e Gaber ai reality, che bilancio ne viene fuori?
«Non sono così d’accordo con chi vede per forza un declino. La grande stagione del varietà è ormai scomparsa ma trovo che ad esempio X-Factor abbia le caratteristiche giuste per essere un varietà dei nostri giorni al pari di quelli storici. Il reality è una spia molto interessante del mondo in cui viviamo dove la separazione tra realtà e rappresentazione non è più netta. Maria De Filippi è bravissima anche se non mi piace la tv che fa».
Cosa rimane nella storia della tv italiana?
«Difficile dirlo. Pensiamo che nel momento in cui andava in onda, Portobello non godeva di buona critica, sembrava accondiscendente rispetto ai gusti del pubblico, si occupava della provincia. Ma visto oggi si può dire che abbia fatto la storia, infatti tutte le tv locali sono nate come schegge impazzite di Portobello. La stessa cosa va- le per il Grande Fratello: piaccia o non piaccia, ha segnato una svolta dal punto di vista antropologico».
Visto il contesto in cui sarete, la mostra di Esselunga, parliamo anche di pubblicità.
«Gioca sempre un ruolo raffinato. È stata demonizzata a causa delle culture cattolica e comunista ma ha svolto un ruolo fondamentale: da Carosello che è stato una sporta di grande Galateo, al ruolo linguistico. E la sua qualità è servita da confronto per la tv».
Il trash ha vinto? E se sì, ha vinto per abbandono dell’avversario o per manifesta superiorità?
«Il trash occupa una parte della tv generalista. Costa poco e ha il suo pubblico. Ma d’atra parte non c’è mai stata un tv di qualità come oggi. Basta guardare le serie. La tv ormai è un ventaglio talmente ampio che non c’è nessun vincitore e nessun vinto».
A parte il calcio... «Nemmeno. Solo nelle reti a pagamento. Dalla Rai sta scomparendo».
Rai, Mediaset, La 7: il rapporto tra concorrenza (vera o presunta) e aumento della qualità esiste?
«A me fa rabbia proprio che non esista una vera concorrenza. Quando ho visto la De Filippo intervistata da Fabio Fazio ho detto “ecco, ci siamo, è tutto la stessa cosa”. In America sarebbe impensabile una cosa del genere, c’è un orgoglio aziendale che qui manca. Alla De Filippi hanno fatto presentare anche Sanremo e in passato si sono proprio accordati. Questo fa male alla tv».
Lo schermo forma ancora l’opinione?
«Come sempre, in maniera indiretta. Nessuno cambia idea dopo un dibattito politico ma ha un impatto sottopelle: ti cambia di più un programma del pomeriggio dove si parla di relazioni, o una fiction, piuttosto che un talk».
Nixon dopo lo scontro tv del ‘60 sostenne di aver perso le elezioni perché Kennedy era venuto più bello in tv...
«Il nostro sistema è diverso: mettono cinque persone insieme in un gran casino. A parte Prodi-Ber lus conio Occh etto Berlus coni, uniche eccezioni ».
Proposta
Pippo è una risorsa e la tv pubblica dovrebbe affidargli una scuola interna