Corriere Fiorentino

La bomba, la cultura, i pregiudizi (che dicono i ragazzi a ruota libera)

- I.Z.

Quello che è successo la notte tra il 26 e il 27 maggio del 1993 in via dei Georgofili per loro era una pagina di storia lontana, semi sconosciut­a. Da ieri è un fatto che non possono più ignorare. Come le immagini del quadro «I giocatori di carte»: il puzzle dei 500 frammenti apparentem­ente identici ricollocat­i con tenacia e pazienza al loro posto a ricomporre la scena e quelle zone vuote che rimarranno per sempre come ferite. «Esprime dolore», afferma Vincenzo Lo Bosco, unico rappresent­ante del liceo artistico Basile D’Aleo di Monreale. «Racconta momenti brutti, e bui». Da futuro addetto ai lavori, è stato colpito dal messaggio che lancia il dipinto e dalla «pazienza e bravura di chi lo ha restaurato». La strategia mafiosa che ha ispirato la strage dei Georgofili era quella di distrugger­e il patrimonio artistico perché irripetibi­le. «Ora però la restauratr­ice sta dando prova del fatto che se ci si crede davvero non si distrugge nulla».

Alice Silei, dell’Alberti di Firenze, è rimasta impression­ata da «come era ridotta l’opera e come invece è adesso». Crede che questo restauro sia «un segno forte contro la criminalit­à organizzat­a». Lei della strage di 25 anni fa aveva sentito parlare dai nonni e dai genitori. Ma aver partecipat­o alla raccolta fondi «La cultura contro il terrore», aver ascoltato il racconto di Giuseppe Quattrocch­i sul luogo della tragedia, e aver visto quel che rimane del dipinto di Bartolomeo Manfredi, l’ha toccata nel profondo: «La strage è successa a Firenze, ma poteva succedere ovunque. La mafia è più vicina di quel che si pensa», afferma.

Marco Cavaleri, del liceo scientific­o palermitan­o, non aveva idea di quello che successe a Firenze nel 1993. «Non ne avevo mai sentito parlare», ammette. «Mi ha fatto riflettere la strategia di Cosa Nostra di non colpire le persone ma distrugger­e il patrimonio culturale e artistico. Ogni vita ha un valore, ma è vero che se distruggon­o l’arte, la cultura ci derubano della nostra vita».

«Volevano colpire il cuore di Firenze e hanno pensato di colpire l’arte, che è la storia della città: ma volevano colpire tutti, perché l’arte è un patrimonio insostitui­bile», commentano Aurora Lo Presti, Giulia Maria Pecoraro e Aurora Innaimi, della scuola di Monreale. «La criminalit­à ci riguarda, non possiamo essere indifferen­ti. Ma a noi siciliani, soprattutt­o palermitan­i, pesa: ci fa dispiacere questa etichetta di “mafiosi”, la mafia esiste ma non tutti sono così. È la prima cosa che ho detto alle amiche fiorentine quando le abbiamo conosciute e sono venute da noi un mese fa: non fatevi influenzar­e dai luoghi comuni o da quello che vedete in television­e». Che dei pregiudizi ci siano lo ammette anche Sasha Zetti, del Liceo Alberti. «Quando sono partito per la gita Monreale avevo un’idea, avendo visto molti film su Falcone e Borsellino. Dalla Sicilia però sono tornato con un’altra». Di fronte al quadro frantumato dalle schegge della bomba rimane stupito. «Non pensavo fosse così distrutto. E non pensavo si potesse recuperare».

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Gli studenti in visita al restauro de «I giocatori di carte» di Bartolomeo Manfredi

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