Un pezzetto dopo l’altro, sulla tela Così è riuscito il puzzle di Daniela
VERSO IL 26 MAGGIO CON LA RESTAURATRICE AL LAVORO
Silenzio assoluto. Nello studio non vola una mosca. Le parole sono quelle necessarie, nascono strozzate in gola. Si lavora con gli sguardi, si lavora con le mani che tremano a ogni movimento. È il momento più delicato, quello decisivo. La buona riuscita del restauro passa da questa fase. Se qualcosa va storto, potrebbe compromettere il lavoro degli ultimi mesi.
Il restauro de «I giocatori di carte» di Bartolomeo Manfredi tocca il suo culmine. Dopo otto mesi di lavoro, i frammenti recuperati dopo l’esplosione dei Georgofili tornano sulla tela. Finora erano sparsi sul tavolo della restauratrice, che li aveva meticolosamente riordinati come pezzetti di un grande puzzle. Erano mobili, bastava una folata di vento per farli volare via. Adesso sono sulla tela, perfettamente appiccicati, hanno ritrovato la loro posizione originale. E finalmente la restauratrice può tirare un sospiro di sollievo. Il quadro ha ritrovato la sua dignità. È inevitabilmente sfregiato, mancano pezzi importanti, ma è tornato sulla tela.
È la rivincita della cultura contro il terrore, è il risultato della campagna di raccolta fondi promossa da Corriere Fiorentino, Gallerie degli Uffizi e Ubi Banca. Con la cifra raggiunta, 26.527.50 euro (il traguardo era 22.212 euro) grazie alla generosità di tanti che hanno voluto dare il loro contributo con una donazione, il quadro è rinato. Tante donazioni, grandi e piccole, arrivate da tutta la città, parte delle quali raccolte grazie a una cena di gala che si è tenuta a Palazzo Pitti lo scorso settembre, un evento organizzato da Once Events.
È stato un percorso lungo e complicato. La restauratrice Daniela Lippi spiega le ultime fasi di lavorazione, quelle più difficili: «Per poter effettuare le operazioni di ricucitura, era necessario lavorare sia sul fronte che sul retro della pittura. Abbiamo dunque pensato di utilizzare un sacco sottovuoto per poter rigirare l’opera». Attraverso il sottovuoto si è potuto «immobilizzare» i tanti frammenti. «Con plastica grossa e due piani sottili di legno, abbiamo chiuso il dipinto fra i due piani dentro il sacco sigillato dopodiché, con l’ausilio di una pompa, abbiamo aspirato l’aria creando la compressione ed è stato possibile girare l’opera utilizzando come piano di supporto uno dei due piani di legno. Nel frattempo è stata tensionata la nuova tela e l’abbiamo preparata con l’adesivo prescelto». Proprio qui, «dopo aver rigirato nuovamente il dipinto predisponendo un nuovo sacco, sono stati incollati i frammenti».
È stato un processo molto complicato, dove la fisica e l’esperienza dei restauratori hanno giocato un ruolo fondamentale. Cellulosa, resina secca, incollaggio, essiccamento.
Processi chirurgici, materiali del mestiere. Insieme a Daniela Lippi, c’erano Luciano Sostegni, esperto restauratore di supporti tessili con esperienza quarantennale all’Opificio delle Pietre Dure, e Lorenzo Conti, restauratore strutturale specializzato nei dipinti su tela. «L’incollaggio dell’intero dipinto — precisa Lippi — si è svolto in due fasi: prima si è fatta aderire alla tela la materia originale che faceva corpo unico, nei giorni successivi si è proceduto alla posa dei frammenti che risultavano a se stanti». Nei giorni scorsi il direttore degli Uffizi Eike Schmidt ha fatto visita al laboratorio della restauratrice: «È stata — spiega — un’emozione vedere i frammenti del quadro sulla tela. Sicuramente una gioia, ma anche una profonda tristezza perché il quadro originale non sarà mai recuperabile e perché fa tornare alla mente le vite distrutte di quella tragica giornata».
Adesso che i frammenti del dipinto sono incollati sulla tela, il lavoro ha superato abbondantemente il giro di boa. Tutto è partito dalla foto ingrandita del quadro com’era prima, grazie all’immagine concessa dagli archivi Scala.
E adesso manca poco manca ormai poco al 27 maggio, anniversario della bomba dei Georgofili. In quella data, il dipinto di Manfredi farà ritorno agli Uffizi, dove resterà esposto come simbolo di rinascita contro la mafia, di cultura oltre il terrore. E sempre in quella data sarà pubblicato un volume (edito da Mandragora) che racconterà tutto le operazioni di restauro.