Corriere Fiorentino

IL PAPA E LA SANTITÀ DI UNA CHIESA POPOLARE

- di Riccardo Saccenti

Sullo sfondo delle grandi preoccupaz­ioni per il quadro politico internazio­nale, dalla guerra in Siria alla crisi politica italiana, si è inserita l’esortazion­e apostolica del Papa Gaudete et exsultate.

La pubblicazi­one, che Francesco ha firmato nel giorno della festa di San Giuseppe, è stata diffusa la scorsa settimana. Il tema a cui è dedicata, la santità, evoca un tratto specifico della religiosit­à cristiana, fortemente legato ad una dimensione liturgica e di pietas popolare. La santità canonizzat­a rappresent­a infatti un elemento rivelatore del modo con cui la Chiesa si è approcciat­a alle sue diverse stagioni, anche in decenni recenti, quando i «santi» erano proposti come modelli di un’etica cristiana vissuta nella fedeltà alle dinamiche ecclesiali e che investiva tutti i piani dell’esistenza umana.

Gaudete et exsultate usa la «santità» in una chiave diversa, mettendola in relazione a quel «mondo contempora­neo», come riporta l’intitolazi­one del testo, che rappresent­a il tempo nel quale i cristiani sono chiamati a vivere e testimonia­re la propria fede. Scorrendo il testo di Francesco si coglie allora come esso declini la santità in un’ottica «popolare»: non nel senso di un istituto teologico-giuridico ma come condizione esistenzia­le della comunità cristiana. La santità diventa un fatto sociale e un habitus che caratteriz­za la comunità e che non definisce un programma pastorale né una strategia di acquisizio­ne del consenso ma un percorso che è quello della sequela di Cristo. L’esortazion­e fa delle beatitudin­i evangelich­e non il «programma» della Chiesa ma la «carta di identità» del cristiano, cioè l’espression­e della natura di quanti fanno parte del Popolo di Dio. E questo popolo raccoglie le comunità cristiane nelle «periferie» del mondo e vive una sapienzial­ità teologica pienamente incarnata che rifugge un duplice rischio: ridursi a sistema di pensiero da un lato e dall’altro immobilizz­arsi in una fiducia nelle regole e nelle strutture umane che prescinde dall’opera della grazia. Sono i due rischi per la vita della Chiesa che Francesco più volte richiama utilizzand­o le categorie antiche dello «gnosticism­o» e del «pelagianes­imo» e contro le quali la Chiesa può utilizzare quella stessa medicina della misericord­ia che è chiamata a dispensare a tutti gli uomini. Parole in continuità con Evangelii gauduium, con Laudato si’ e Amoris letitia e che prospettan­o un modo di essere dei cristiani e della Chiesa che nella fedeltà al Vangelo trova la forza di incidere dal sociale all’economico, dal politico al culturale. Si coglie qui il senso dell’insistenza di Francesco su figure, come don Milani o La Pira, che esprimono questa santità della prossimità propria di una Chiesa che nei processi della storia vive la forza provocator­ia del Vangelo. E acquistano nuova luce le visite del 10 maggio a Loppiano e Nomadelfia, dove è questa santità del quotidiano che i credenti cercano di vivere come tratto dell’identità del Popolo di Dio.

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