Noi e le piante, insieme sullo scivolo
Palazzo Strozzi Sei secondi per scendere da uno scivolo di 20 metri e misurare le emozioni nostre e delle piante Ecco «The Florence Experiment» di Carsten Höller e Stefano Mancuso, performance che unisce l’arte alla scienza
La discesa dura cinque o sei secondi, ma è densa, almeno lo è stato per noi, di contraccolpi e spunti di riflessione. The Florence Experiment — la nuova perfomance-mostraesperimento site specific di Palazzo Strozzi a cura di Arturo Galansino — a cui si potrà partecipare da domani al 26 agosto è frutto della collaborazione tra Carsten Höller, artista di origine belghe ma cittadino del mondo diviso tra il nord Europa e il Ghana, e Stefano Mancuso, un geniaccio di origini siciliane trapiantato a Firenze, scienziato, inventore della neurobiologia vegetale e sostenitore, prove alla mano, dell’intelligenza delle piante. Insieme hanno progettato questo intervento a Palazzo Strozzi che coinvolge uomini e piante in un gioco di reciproci condizionamenti emotivi e che consta di due momenti. Il primo: una discesa di 20 metri attraverso due tubi di acciaio e plexiglass che coinvolge i visitatori i quali dovranno stendersi su un tappetino in posizione supina (con le gambe il meno possibile flesse) e a lasciarsi scivolare — la velocità che si raggiunge è notevole — con addosso una cintura a cui viene legata una piccola pianta di fagiolo. Il secondo, terminata la discesa, che è una sorta di continuazione della prima parte. Chi partecipa all’esperimento sarà, a questo punto, invitato a entrare in Strozzina (al piano interrato del palazzo rinascimentale) e a scegliere se sedersi in una sala a vedere degli spezzoni di film comici oppure optare per quell’altra dove passano trailer di pellicole dell’orrore. Finito il doppio esperimento occorrerà riconsegnare la piantina in un laboratorio di analisi vegetale allestito in loco dove delle apposite strumentazioni misureranno le reazioni, generate dalle emozioni provate da noi, sulle piante. Che, e qui va fatta un’aggiunta, non sono solo i fagioli di cui si è detto ma anche dei virgulti di glicine aggrappati alla facciata di Palazzo Strozzi ai quali tramite un sistema di tubature arrivano dei composti chimici volatili dai noi prodotti durante la visione dei film in Strozzina, differenti asseconda che proviamo paura o divertimento.
Se questo è il meccanismo su cui si fonda The Florence Experiment la prima cosa da evidenziare è la riflessione che ingenera in chi partecipa all’esperimento. Soggettiva, certo, ma anche — se paragonata a quella di altri — pedagogica. Per dire: confrontando la nostra esperienza con quella di altri io — che ho avuto paura — ho capito che se la passa meglio chi rispetta alla lettera le indicazioni fornite dai tutor. Se vi dicono di non piegare le gambe ma di stare il più possibile distesi una ragione c’è. Questa posizione consente di non interferire sulla velocità di discesa e di bilanciare la distribuzione del peso. Ergo mollare ogni tanto il controllo che abbiamo sulle cose è cosa buona e giusta. Inoltre chi partecipa potrà misurare anche la sua attitudine all’accudimento. Ha detto Stefano Mancuso prima che si partisse con le discese: «A ciascuno di voi è affidata una piantina. Mi raccomando abbiatene cura, per quei pochi secondi dipende al 100 per cento da voi». Onestamente io ero talmente impaurita che, durante la «prova», non ho pensato neanche un secondo al mio fagiolino. A esperimento finito, quando mi era chiaro che avevo salvato la pelle, ho provato tenerezza per quelle due foglioline che, a quel punto, andavano un po’ ripiegate per far entrare la pianta dentro a una sorte di contenitore di plastica. Prima ho cercato di scampare il pericolo. Questo lo raccontiamo per spingervi a partecipare (potranno farlo solo 500 persone alla settimana a cui sarà chiesto di firmare una liberatoria) perché siamo certi che facendolo scoprirete delle cose su di voi interessanti. Spiega a questo proposito Carsten Höller: «Ho voluto portare qui un esperimento che rendesse visibili i limiti della mente umana questa volta in rapporto alle piante mentre in passato ho lavorato molto con gli animali. Questo esperimento rende visibile ciò che altrimenti ci è inaccessibile, sia per quanto riguarda noi stessi che nel caso delle piante. Ho voluto fare qualcosa che si muovesse sul binomio emozionale paura e divertimento, sono queste le reazioni che può ingenerare la prova, perché attraverso questo dualismo possiamo scardinare alcune certezze e rifondare la nostra concezione del mondo». D’altro canto Carsten Höller è uno che sull’esigenza di coltivare il dubbio e scardinare certezze ha costruito intere mostre da Londra a Milano.