Affitti a Boboli e soprintendenti: «Nessun abuso»
Ex soprintendente e funzionaria assolte dalla Corte dei Conti: «Affitti bassi? Nessun abuso»
Nessun danno erariale per gli immobili affittati a prezzi stracciati. I canoni non sono stati adeguati per colpa di norme «incerte e contraddittorie» e «l’atteggiamento attendista del Ministero». Così ha stabilito la Corte dei Conti che ha assolto per mancanza di colpa grave Alessandra Marino l’ex soprintendente per i beni architettonici paesaggistici e storici a Firenze, dal 2009 al 2016, e la funzionaria Fulvia Zeuli, difese dagli avvocato PierMatteo Lucibello e Duccio Traina. I giudici contabili non hanno dubbi: «Non si ravvisano incuria, trascuratezza, negligenza, sprezzante disattenzione (né di voluta inerzia) che integrano l’elemento psicologico della colpa grave indispensabile per configurare un’ipotesi di responsabilità amministrativo contabile». E aggiungono: «L’operato di Marino e Zeuli si colloca nel contesto di un quadro normativo incerto e contraddittorio», in altre parole non potevano fare diversamente e per questo «non possono essere censurate».
L’inchiesta della Procura della Corte dei Conti era partita dalla campagna di stampa sull’affitto low cost di alcuni appartamenti con affacci su Boboli concessi a dirigenti della soprintendenza e ai loro familiari. Le indagini della guardia di finanza avevano fatto emergere che gli affitti erano cinque volte inferiori a quelli di mercato.
Nel mirino degli investigatori erano finiti, tra gli altri, le ville medicee di Castello e la Petraia a Palazzo Pitti e villa Pandolfini Carducci. Era emerso ad esempio che l’alloggio di 103 metri quadri nelle ex Scuderie Reali era affittato dal 2002 a 274 euro, cifra poi aggiornata a 412. Il danno ipotizzato alle casse dello Stato era pari a 2,8 milioni. Per la Procura la ex soprintendente e la funzionaria avrebbero dovuto riadeguare i canoni al libero mercato e rivedere il regolamento di riassegnazione degli alloggi. La prima a firmare un regolamento fu, nel 2005, la Soprintendente Paola Grifoni (a giorni lascerà la sua casa di Boboli dopo che l’affitto è arrivato alle stelle) che evidenziò il «regime di forte restrizione nella fruibilità cui gli alloggi erano sottoposti». L’architetto Marino ha respinto sempre le accuse: la revisione dei canoni non è stata fatta perché si attendeva la nuova disciplina nazionale sulla concessione degli alloggi.
A conferma dell’atteggiamento «attendista» dei governi la Corte ricorda che nel 2010 anche l’ispettore del Ministero aveva espresso dubbi sull’apertura al libero mercato, considerata «non auspicabile per esigenze di tutela e protezione del patrimonio artistico». E la normativa, in base alla quale valutare l’operato delle due architette è stata definita dai giudici contabili «frammentaria e di difficile interpretazione» anche nel corso del processo. «La situazione è ormai sbloccata — dice Eike Schmidt direttore delle Gallerie degli Uffizi — Una nuova legge e una recente circolare del Ministero disciplinano la materia stabilendo l’aumento dei canoni di affitto e assegnando l’uso delle ex Scuderie e della Petraia a Palazzo Pitti, le ville medicee alla Soprintendenza regionale». Così anche i funzionari per restare negli alloggi nei giardini di Boboli dovranno o pagare un affitto molto più alto o dovranno andare via.
La sentenza I canoni non sono stati adeguati per colpa di norme incerte, contraddittorie e per l’atteggiamento attendista del Ministero