Gucci, la fabbrica risparmia tempo (perché fare tutto in casa conviene)
Inaugurato l’ArtLab, a Scandicci anche Pinault: «In Francia un’impresa così non sarebbe stata possibile
«Tutto questo in SCANDICCI Francia non sarebbe stato possibile, credo che a volte gli italiani non si rendano conto di quanto straordinario sia questo territorio». Così parlò François-Henri Pinault (francese), alias mister Kering, il presidente della holding del lusso che ieri, a sorpresa, ha inaugurato il Gucci ArtLab nella zona industriale di Scandicci. Un maxistabilimento da 37.000 metri quadri coperto da murales colorati tra i capannoni di Pontignale.
«Quando la mia storia a Gucci è iniziata — spiega l’Ad Marco Bizzarri, alla guida della griffe dal 2015 — ho incontrato Massimo Rigucci (già a capo dell’area calzature e oggi anima dell’ArtLab): mi disse che, coi numeri che avevamo, avrei dovuto chiudere il 30% dei laboratori, in pratica 5.000 persone a casa. Non l’abbiamo fatto e oggi apriamo il più grande investimento industriale della storia di Gucci (ma non quantifica l’operazione, ndr) con 800 dipendenti al suo interno» di cui 130 fanno parte dei 500 neoassunti, che diventeranno prova, realizza e testa i prototipi, cioè tutto quello che poi arriva (oppure no) nei negozi. Una mossa che punta sì alla valorizzazione dell’artigianato ma che si traduce in moneta sonante, soprattutto per un settore che per Gucci vale il 70% del fatturato, cioè 4 miliardi di euro. Insomma, il mercato vuole Gucci, quindi c’è da produrre. È la filosofia dell’ahead time (risparmio di tempo): all’ArtLab vengono riunite tutta una serie di procedure che prima erano esternalizzate o decentrate. In sintesi: più tempo si risparmia, più velocemente si va in produzione, prima si vende. La cosa che Gucci sembra fare meglio nell’era firmata Alessandro Michele (il direttore creativo) se è vero che, come ricorda Bizzarri, la capacità produttiva «è raddoppiata negli ultimi due anni grazie alla flessibilità degli artigiani che lavorano con noi. Mi chiedono se ho paura, visto che cresciamo a doppia cifra (6,2 miliardi il fatturato 2017, ndr), che tutto questo possa finire. Ora mi godo questo momento. Se la gente compra mica posso chiudere il negozio alle 3 del pomeriggio» scherza. L’onore del taglio del nastro non va né a Pinault né a Bizzarri, ma a Rigucci, che dice di non dormire da qualche notte. A lui, originario di Montevarchi, metà vita in azienda, nel momento fatidico esce qualche lacrima: «Siamo riusciti a realizzare questo sogno in appena due anni» dice.