Corriere Fiorentino

Delitto Ashley: «Non ci fu una terza persona»

I giudici dell’Appello escludono un ruolo del fidanzato nell’omicidio dell’americana

- A.Moll.

Nell’appartamen­to di via Santa Monaca la mattina in cui venne uccisa Ashley, a parte il senegalese, non è entrato nessun altro. Queste le conclusion­i a cui sono arrivati i giudici della Corte d’assise d’appello che hanno depositato le motivazion­i della sentenza che nel gennaio 2018 ha condannato Cheick Diaw a trent’anni di reclusione per omicidio volontario aggravato dalle condizioni di minorata difesa, dato che la ragazza era ubriaca e aveva assunto cocaina. La mattina dell’8 gennaio 2016 Ashley Olsen, americana di 35 anni, dopo aver trascorso una serata fuori con le amiche è rientrata nel suo appartamen­to dell’Oltrarno con il senegalese conosciuto al Montecarla. Cheick ha sostenuto di aver avuto due rapporti sessuali con Ashley ma di averla lasciata ancora viva, pur ammettendo di averla spintonata, facendola cadere, dopo una discussion­e. Gli avvocati difensori di Cheick, Antonio Voce e Federico Bagattini, hanno sostenuto che l’ex fidanzato di Ashley potrebbe essere entrato nell’appartamen­to e accortosi del tradimento potrebbe averla uccisa. Ma per i giudici dell’Appello si tratta di una tesi assolutame­nte «infondata come dimostrato dalle indagini».

«L’ipotesi che un terzo sia sopraggiun­to nell’abitazione della ragazza, già vittima di un gravissimo trauma cranico e l’abbia strangolat­a — scrivono i giudici dell’Appello — è priva di ogni verosimigl­ianza oltre che priva di supporto probatorio». Impossibil­e, sostengono i giudici, pensare che dopo la prima aggression­e, se Ashley fosse stata così lucida e vitale come descritto da Cheick, non avrebbe reagito in alcun modo o non avrebbe chiesto aiuto.

Per i giudici del secondo grado il senegalese «ha agito con impeto per la rabbia provocata dall’imprevedib­ile reazione di Ashley che lo voleva mandare via dopo il rapporto sessuale». Così dopo averla spinta l’ha strangolat­a. Poi è rimasto per oltre due ore nell’appartamen­to dove aveva ucciso, senza neppure provare a cancellare le tracce e aumentando il rischio di essere trovato da qualcuno.

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Cheick in aula durante il processo per l’omicidio di Ashley

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