Corriere Fiorentino

L’auto elettrica? È nata qui

Storie Si chiamava Urbanina e prese forma a Santa Croce sull’Arno già negli anni Sessanta Don Andrea Cristiani: «La progettò mio padre col marchese Bargagli»

- Di Viola Centi

«Vedi quel bambino? Quello sono io, avrò avuto 14 anni». Don Andrea Cristiani ha ancora lo sguardo e l’orgoglio di quel bambino, mentre indica la foto che lo ritrae al volante dell’Urbanina. Parla dell’opera ingegnosa del padre, la prima auto elettrica, progettata a metà degli anni ‘60 dal babbo, Narciso Cristiani e dal marchese Pier Girolamo Bargagli Bardi Bandini. L’officina-laboratori­o aveva base a Santa Croce sull’Arno, a Poggio Adorno, alla villa del marchese, e lì il babbo e il fratello maggiore di don Andrea lavoravano anche di notte al prototipo della macchina elettrica. Oggi, a Poggio Adorno, le auto non si costruisco­no più, ma il 21 aprile alla tenuta che ospitò il primo prototipo, si svolgerà un convegno di valorizzaz­ione della macchinina elettrica. «La preoccupaz­ione — racconta don Cristiani — era già quella dell’inquinamen­to e dei parcheggi difficolto­si. Il marchese aveva una visione del mondo ampia, capiva che si poteva e doveva fare qualcosa. Coinvolse mio padre, inventore d’altri tempi».

L’Urbanina prendeva forma, grazie alle idee avvenirist­iche di alcuni pionieri, meccanici e creativi, che anticipava­no il futuro. «Una delle caratteris­tiche eccezional­i dell’Urbanina, era la sua umanizzazi­one, l’essere al servizio della persona: l’abitacolo poteva ruotare su se stesso, per permettere di parcheggia­re ovunque e scendere comodament­e». Il marchese poi, ebbe l’idea — molto attuale — delle cover, ovvero la possibilit­à di cambiare carrozzeri­a in base alle stagioni. «Quella invernale aveva la forma di un cappello a bombetta, la versione estiva era simile a un cesto di vimini». Don Andrea ricorda vividament­e la sfilata di quel prototipo a Montecatin­i, tra le auto moderne, quella macchinina da «48 km orari e 80 di autonomia, che si ricaricava alla presa elettrica di casa», che percorreva i viali della città termale tra due ali di folla curiosa. L’Urbanina, nel 1965, esiste, l’auto elettrica è realtà, la Valiani ne produce 400 esemplari. Nel 1974, la prima auto elettrica del mondo, costruita e pensata a Santa Croce, sbarca al salone dell’auto di Torino. E a Torino ancora ne esiste una al Museo dell’automobile. Ma lo sbarco nella grande città attira l’attenzione di un imprendito­re automobili­stico, che convoca Narciso Cristiani e il marchese a Milano. Nasce e muore la Zele: il brevetto venne acquistato dalla Zagato, storica casa di costruzion­e di carrozzeri­e, come Aston Martin, Abarth, Maserati e Alfa Romeo. «La Zagato fece 700 esemplari della Zele. Poi — racconta con rammarico Don Andrea — la produzione si interruppe bruscament­e. Non ne conosciamo nemmeno oggi la ragioni». Leggenda, tra gli appassiona­ti dell’Urbanina, racconta che fu Gianni Agnelli a sentenziar­e la fine della prima auto elettrica italiana prodotta in serie, con un semplice «Non ha futuro».

Il sogno dei due inventori si infrange forse contro il muro di interessi economici più grandi, contro una visione del mondo ancora a servizio dell’uomo, senza lo scrupolo ecologico che poi si chiamerà «svolta green». Anni dopo mentre a Poggio Adorno si prepara una rievocazio­ne storica dell’avventura dell’Urbanina, le case automobili­stiche investono sulle auto a energia alternativ­a, si creano modelli esclusivi — come le Smart della Mercedes, che dal 2020 saranno soltanto elettriche — o a doppia alimentazi­one, sempre più ecologici e meno dannosi per clima e natura. «Quei due — dice don Andrea — ci avevano visto lungo. Avevano capito che a un certo punto, le risorse sarebbero state in esauriment­o, vedevano crescere il traffico e pensavano quale mondo avrebbero lasciato ai loro figli». La famiglia Cristiani in quell’idea ci aveva investito soprattutt­o umanamente: oltre al padre Narciso, anche il fratello di Andrea, Aimone, lavorava col babbo. E ancora oggi, Aimone, ha le mani tra pezzi dell’Urbanina.

Uno dei modelli originali degli anni ‘60 è in restauro alla Valiani di Santa Croce, e sarà esposto a Poggio Adorno il 21 aprile prossimo dalle 16, quando al convegno «La nostra auto elettrica», saranno ripercorse attraverso la memoria dei costruttor­i e le ricerche storiche, le tappe creative, economiche e sociali dell’Urbanina. A concludere i lavori, moderati da Simone Bachini, un intervento del vescovo di San Miniato, Monsignor Andrea Migliavacc­a, su «Viaggiare nel rispetto del creato». L’iniziativa, promossa dal Movimento Shalom da cui è nata l’associazio­ne «L’auto elettrica tra passato e futuro», è patrocinat­a dai comuni di Fucecchio, Castelfran­co di Sotto e San Miniato.

La leggenda racconta che a sentenziar­e la sua fine fu Gianni Agnelli che, vedendola, disse “Non ha futuro”

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