Il postino si impicca in strada I passanti provano a salvarlo
Montevarchi, l’uomo era stato condannato per il tentato omicidio del figlio
Due anni fa aveva cercato di strangolare il figlio e solo l’intervento della moglie aveva evitato il peggio. Mercoledì sera, Giuseppe Bellesi, ex postino di Vicchio e Borgo San Lorenzo, si è suicidato. Lo ha fatto a Montevarchi, dove viveva in regime di libertà vigilata, ospite di un centro Caritas, dopo la condanna in primo grado a sei anni di reclusione per il tentato omicidio del figlio.
La scena, mercoledì alle sette e mezzo di sera, ha sconvolto un pezzo di Montevarchi. Bellesi, 62 anni, si è impiccato in strada, dietro la chiesa del Giglio. Sono stati i passanti ad accorgersi di quanto era successo e ad avvertire immediatamente il 118; hanno anche tentato invano le manovre di rianimazione, ricorrendo anche a un defibrillatore disponibile nei paraggi ma è stato inutile. L’ex postino era già morto. Non ha lasciato nessun biglietto, nessun messaggio ai familiari per spiegare quel gesto.
Era il 3 luglio 2016, quando Bellesi, nella sua casa di Borgo San Lorenzo, salì al piano superiore dove il figlio di 29 anni stava dormendo; prima lo colpì alla testa con una roncola, poi tentò di strangolarlo con una corda. Il giovane riuscì a gridare e la madre accorse dal piano inferiore e riuscì a salvarlo, mentre il marito gridava: «È la nostra rovina». «Amo mio figlio, non volevo ucciderlo. Ma non ricordo cosa sia successo», furono poi le prime parole di Bellesi, pronunciate di fronte ai magistrati. La tensione in famiglia sarebbe stata legata alla decisione del giovane di lasciare la casa dei genitori, dopo aver investito i soldi ricavati da un’eredità per comprare una casa in campagna che aveva iniziato a ristrutturare. Il postino si sarebbe sentito tradito dalla volontà del figlio di andarsene.
Per il Mugello, due anni fa, quella storia era stata un vero choc: nessuno si sarebbe aspettato nulla del genere dal postino allegro, spiritoso, colto, che molti tra Vicchio e Borgo conoscevano bene. Ma chi gli era vicino raccontò di un uomo da tempo cambiato, schivo, taciturno, forse vittima della depressione: «Beppino è sempre stato un ragazzo intelligente, brillante — spiegò all’epoca un’amica — Da sempre manifestava insofferenza per il suo lavoro, non gli piaceva, gli stava stretto. E, peggio ancora, tutti i suoi amici di gioventù si erano affermati professionalmente. Oltretutto, il trasferimento alle Poste di Borgo, diverso dall’ambiente familiare di Vicchio, deve aver pesato. Forse nessuno ha saputo capire che qualcosa non andava. E lui, che era orgoglioso di carattere, ha fatto l’errore di non chiedere aiuto».
Il 28 novembre 2016, col rito abbreviato, arrivò la condanna in primo grado a sei anni di reclusione per tentato omicidio. Il gup stabilì anche che il postino avrebbe dovuto risarcire la moglie e il figlio, che si erano costituiti parte civile contro di lui. «Sa che dovrà restare in carcere?», gli chiesero i giudici due anni fa al momento dell’arresto. «Sì — rispose lui — meglio tenermi qui». Tanto che fu decisa la sorveglianza a vista per evitare che si facesse del male. Mercoledì sera, a Montevarchi, ormai solo, lontano da tutti, ha deciso di andarsene.
La storia Due anni fa in Mugello l’aggressione al ragazzo, sventata dalla moglie dell’uomo