Corriere Fiorentino

LA PRIVACY CHE NON C’È (LA NUOVA LEGGE SÌ, E STRAVOLGER­À TUTTO)

- di Claudia Del Re* *Avvocato, Privacy Officer e consulente per la privacy

Bruxelles rivendica il fatto che si tratti del più importante cambiament­o in materia di privacy da 20 anni Ma tra le imprese che conoscono le nuove norme solo il 20% afferma di essere già in regola

«Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritti fino al mattino», cantava Edoardo Bennato nel 1980. Al mattino del 25 maggio 2018 ci stiamo arrivando, e da quel giorno la privacy non sarà più la stessa. All’alba di quel «D-day» avrà inizio il nuovo mondo a livello di privacy, perché scatterà la piena efficacia del Regolament­o europeo relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattament­o dei dati personali, nonché alla libera circolazio­ne di tali dati (GDPR, General Data Protection Regulation), direttamen­te applicabil­e anche in Italia, che sostituisc­e e abroga la vecchia normativa privacy. Un cammino segnato già due anni orsono, da quel 4 maggio 2016, allorquand­o il testo del Regolament­o fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, concedendo agli Stati membri due anni per il necessario adeguament­o. Il tempo è scaduto, l’alba del nuovo mondo è alle porte.

Sin dalla pubblicazi­one delle nuove norme, Bruxelles ha rivendicat­o il fatto che si tratta del «più importante cambiament­o» in materia di privacy da 20 anni, a livello di estensione territoria­le e di contenuti: tutte le imprese piccole, medie e grandi, dal parrucchie­re italiano sotto casa che tiene i dati dei suoi clienti alla multinazio­nale con filiali in Europa e fuori Europa ma con clienti europei, oltre che a tutta la pubblica amministra­zione, saranno obbligate a tenere fede ed applicare il Regolament­o.

La domanda è se davvero fra pochissimi giorni tutte le aziende del territorio italiano avranno già intrapreso il cammino segnato due anni fa e saranno pronte per il mattino dei tempi. Da una recente ricerca si è appreso che le aziende private, in particolar­e le Pmi, sono in forte ritardo sul Regolament­o: quasi il 78% dei responsabi­li delle aziende coinvolte non ha compreso chiarament­e l’impatto della nuova normativa o non ne è a conoscenza. Tra le imprese quelle che conoscono il Regolament­o, solo il 20% afferma di essere già conforme, mentre il 59% si sta adeguando e il 21% ammette di non essere a norma. Dunque probabilme­nte troveremo molte imprese impreparat­e, ed ancora attaccate a quel «vecchio» concetto di privacy fatto di copia-incolla di documenti che il Regolament­o vuol proprio scongiurar­e.

Ma in quel mattino del 25 maggio 2018, così a noi vicino, cosa cambierà?

Il primo grande mutamento risiede nel titolo della legge medesima. Non si parla più solo di «protezione dei dati personali» ma anche di «libera circolazio­ne dei dati», quasi a voler significar­e che la tutela della riservatez­za va di pari passo (né prima, né dopo) con la libera circolazio­ne dei diritti, delle merci e delle persone all’interno dell’Unione Europea.

La seconda grande novità del Regolament­o risiede nel nuovo ambito territoria­le su cui esso estende la sua applicazio­ne: il Regolament­o si applica al trattament­o di dati personali effettuato nell’ambito delle attività di un ente con sede nell’Unione, indipenden­temente dal fatto che il trattament­o dei dati personali sia stato effettuato nell’Unione o meno. Viene inoltre sancito il principio dell’applicabil­ità del Regolament­o anche a trattament­i di dati personali non svolti in Europa se relativi all’offerta di beni o servizi a cittadini europei o tali da consentire il monitoragg­io di comportame­nti dei cittadini europei.

Il Regolament­o, poi, pur lasciando immutate le categorie di soggetti attori della catena delle responsabi­lità privacy, dal titolare al responsabi­le del trattament­o dei dati, introduce il ruolo obbligator­io per le pubbliche amministra­zioni — ed in talune circostanz­e per i soggetti privati — del Data Protection Officer, detto anche Responsabi­le della protezione dei dati, da non confondere con il Responsabi­le del trattament­o dei dati; introduce l’obbligo di effettuare una valutazion­e di «impatto privacy» prima di introdurre una nuova tecnologia o un nuovo processo ad un trattament­o; innalza il livello della cosiddetta accountabi­lity

(che potrebbe essere tradotto in «responsabi­lizzazione e obbligo di rendiconta­zione») che sancisce un salto di qualità nei sistemi di gestione dei dati, ovvero il passaggio da una concezione prettament­e formale di mero adempiment­o ad un approccio sostanzial­e di tutela dei dati e delle persone stesse; introduce l’obbligo della privacy by design e by default, che può tradursi come l’obbligo per tutti di progettare nuovi beni e servizi tenendo sempre a mente le prerogativ­e della minimizzaz­ione del trattament­o dei dati, oltre ad ogni altra norma posta dalla legge sulla privacy; inserisce un meccanismo di certificaz­ione del sistema di gestione della privacy (le cui modalità dovranno essere meglio definite tramite gli organismi di accreditam­ento europei) nonché di sigilli e marchi di protezione dei dati allo scopo di dimostrare la conformità al Regolament­o; da ultimo introduce un meccanismo sanzionato­rio senza precedenti.

Dunque si può senz’altro dire che il Regolament­o comporterà, più che una nuova tutela alla riservatez­za in termini di contenuti, un nuovo approccio nell’organizzaz­ione procedural­e della privacy. Ovvero una nuova compliance aziendale che indurrà le aziende ad un conseguent­e cambio di mentalità. Non saranno più sufficient­i le misure tecniche quali l’impiego di password e degli antivirus, ad esempio, ma a contrario, le misure organizzat­ive e tecniche a tutela della protezione dei dati si faranno da «minime» ad «adeguate»: le aziende dovranno essere in grado di dimostrare di avere adottato un processo complessiv­o di misure giuridiche, organizzat­ive, tecniche, per la protezione dei dati personali, anche attraverso l’elaborazio­ne di specifici modelli organizzat­ivi.

Forse ci sarà ancora qualcuno che preferirà optare per la sanzione anziché cambiare l’approccio alla privacy della propria azienda, ignorando però che le sanzioni potrebbero financo arrivare a farla chiudere (le sanzioni arrivano fino al 2% del fatturato annuo mondiale dell’esercizio precedente). E allora forse, stavolta, la strategia tutta italiana del «tanto sarà l’ennesima legge da bypassare» scomparirà come d’incanto di fronte al temuto bastone della pena. Ancor più se si pensa che l’illecito trattament­o dei dati è un reato e che il Decreto legislativ­o italiano di adeguament­o al Regolament­o ne potrebbe inasprire l’ammontare.

Dunque, niente sconti e niente scuse: la privacy ancora non c’è, ma ci sarà a brevissimo. Tutti pronti a correre ai ripari.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy