I migliori? Gli inattesi Io punto su Moby Dick (nessuno lo legge)
«Le storie che raccontiamo alla fine si prendono cura di noi. Se ti arrivano delle storie, abbine cura. E impara a regalarle dove ce n’è bisogno» (Barry Lopez). Il mondo è pieno di bellezza ma non sempre questa bellezza è accessibile, altrimenti dovremmo vivere in uno stato di estasi e questo non accade, a parte casi particolari di santità o demenza. Lo stesso vale per i libri.
Esistono migliaia di libri meravigliosi eppure ci sono periodi in cui non trovi niente da leggere perché le pagine si chiudono, non riesci ad aprire il libro abbastanza da entrarci dentro dalla testa ai piedi. I libri migliori da questo punto di vista sono quelli che arrivano inaspettati e ti colgono alla sprovvista, così ci sprofondi di colpo, perché non hai difese che ti costringono al galleggiamento. Parlo dunque di quei libri che qualcuno ti regala e di cui non sai niente, o libri trovati per caso, magari per strada, come un dono del destino. Pensando a cosa scrivere su questo argomento impossibile, i libri da regalare, ho cominciato ad impilare libri sul comodino in cerca di un disegno segreto che li collegasse. Presto sono diventati troppi: così accatastati uno sull’altro, quei libri, che quando eravamo a tu per tu tanto mi avevano parlato, e con quale calore!, hanno visto sfumare il rapporto personale e si sono offesi, hanno smesso di essere individui, si sono trasformati in titoli e sono diventati muti.
Incredibile come un libro possa restare zitto e ostile, quando vuole. A volte un bel libro annulla un altro bel libro, se non li prendi con calma. Un giorno ero in ospedale per una visita prolungata. Durante queste visite prolungate non è che puoi stare sempre nella stanza del paziente, ti fanno uscire. Mi aggiravo per il tetro edificio quando ho trovato uno scaffale pieno di libri. I volumi inaspettati luccicavano nella penombra, abbagliandomi con il loro carico di speranza. Infatti un libro è sempre carico di speranza, anche il più disperato, altrimenti perché l’autore farebbe la fatica di scriverlo. Ne ho preso uno. Potrei dire che era la Divina Commedia o qualcosa del genere. Invece era Me parlare bello un giorno, di David Sedaris. E lì, su quella panca, in una situazione non divertente, ho letto uno dei libri più divertenti della mia vita. Che uomo quel Sedaris: riusciva a ridere grazie alle sue inquietudini. Gli fui grato per questo. Nessuno mi toglierà dalla testa che quell’incontro sia stato il regalo di qualche entità che mi diceva che divertirsi è un talento, una predisposizione, ma anche una scelta. Un’altra volta ero su un’isola del Dodecaneso quando mi è apparso, abbandonato sotto un letto, un libro molto diverso: I quaranta giorni del Mussa Dagh, di Franz Werfel. Eravamo in terra straniera eppure lui si è presentato in italiano, segno evidente che si trattava di un regalo. È un librone che tutti dovrebbero leggere. Mi ha fatto rivivere le scoperte dell’adolescenza, quando ti imbatti in capolavori sconosciuti, e ti avventuri in quei territori come se camminassi nella neve fresca. Parla di un episodio dello sterminio degli Armeni e della capacità di resistere. Per un po’ è stato un classico, nel Novecento, poi è sparito. Ma regaliamocelo così tornerà al posto che gli compete.
Infine propongo Moby Dick Melville. Lo so che in teoria è molto famoso e non c’è bisogno di consigliarlo perché l’hanno letto tutti. Ma io ho fatto uno studio che si intitola «Sulla diffusione di Moby Dick tra i miei conoscenti» e ho scoperto che non lo legge quasi nessuno. Molti non lo dicono in pubblico, ma opportunamente torturati ammettono la verità. Infatti non è il tipico romanzo omogeneo e ben congegnato, contiene di tutto e cambia di tono come l’oceano, da cui non a caso viene la vita. Possano le forze che ci governano concederci sempre la capacità di divertirci, quella di resistere alle avversità e quella di contenere tutto, cambiare di tono come l’oceano e continuare a vedere, laggiù all’orizzonte, il candore della balena o di una pagina, che parla a te, proprio a te, mentre gioca sull’abisso notturno.