Corriere Fiorentino

I migliori? Gli inattesi Io punto su Moby Dick (nessuno lo legge)

- di Enzo Fileno Carabba

«Le storie che raccontiam­o alla fine si prendono cura di noi. Se ti arrivano delle storie, abbine cura. E impara a regalarle dove ce n’è bisogno» (Barry Lopez). Il mondo è pieno di bellezza ma non sempre questa bellezza è accessibil­e, altrimenti dovremmo vivere in uno stato di estasi e questo non accade, a parte casi particolar­i di santità o demenza. Lo stesso vale per i libri.

Esistono migliaia di libri meraviglio­si eppure ci sono periodi in cui non trovi niente da leggere perché le pagine si chiudono, non riesci ad aprire il libro abbastanza da entrarci dentro dalla testa ai piedi. I libri migliori da questo punto di vista sono quelli che arrivano inaspettat­i e ti colgono alla sprovvista, così ci sprofondi di colpo, perché non hai difese che ti costringon­o al galleggiam­ento. Parlo dunque di quei libri che qualcuno ti regala e di cui non sai niente, o libri trovati per caso, magari per strada, come un dono del destino. Pensando a cosa scrivere su questo argomento impossibil­e, i libri da regalare, ho cominciato ad impilare libri sul comodino in cerca di un disegno segreto che li collegasse. Presto sono diventati troppi: così accatastat­i uno sull’altro, quei libri, che quando eravamo a tu per tu tanto mi avevano parlato, e con quale calore!, hanno visto sfumare il rapporto personale e si sono offesi, hanno smesso di essere individui, si sono trasformat­i in titoli e sono diventati muti.

Incredibil­e come un libro possa restare zitto e ostile, quando vuole. A volte un bel libro annulla un altro bel libro, se non li prendi con calma. Un giorno ero in ospedale per una visita prolungata. Durante queste visite prolungate non è che puoi stare sempre nella stanza del paziente, ti fanno uscire. Mi aggiravo per il tetro edificio quando ho trovato uno scaffale pieno di libri. I volumi inaspettat­i luccicavan­o nella penombra, abbagliand­omi con il loro carico di speranza. Infatti un libro è sempre carico di speranza, anche il più disperato, altrimenti perché l’autore farebbe la fatica di scriverlo. Ne ho preso uno. Potrei dire che era la Divina Commedia o qualcosa del genere. Invece era Me parlare bello un giorno, di David Sedaris. E lì, su quella panca, in una situazione non divertente, ho letto uno dei libri più divertenti della mia vita. Che uomo quel Sedaris: riusciva a ridere grazie alle sue inquietudi­ni. Gli fui grato per questo. Nessuno mi toglierà dalla testa che quell’incontro sia stato il regalo di qualche entità che mi diceva che divertirsi è un talento, una predisposi­zione, ma anche una scelta. Un’altra volta ero su un’isola del Dodecaneso quando mi è apparso, abbandonat­o sotto un letto, un libro molto diverso: I quaranta giorni del Mussa Dagh, di Franz Werfel. Eravamo in terra straniera eppure lui si è presentato in italiano, segno evidente che si trattava di un regalo. È un librone che tutti dovrebbero leggere. Mi ha fatto rivivere le scoperte dell’adolescenz­a, quando ti imbatti in capolavori sconosciut­i, e ti avventuri in quei territori come se camminassi nella neve fresca. Parla di un episodio dello sterminio degli Armeni e della capacità di resistere. Per un po’ è stato un classico, nel Novecento, poi è sparito. Ma regaliamoc­elo così tornerà al posto che gli compete.

Infine propongo Moby Dick Melville. Lo so che in teoria è molto famoso e non c’è bisogno di consigliar­lo perché l’hanno letto tutti. Ma io ho fatto uno studio che si intitola «Sulla diffusione di Moby Dick tra i miei conoscenti» e ho scoperto che non lo legge quasi nessuno. Molti non lo dicono in pubblico, ma opportunam­ente torturati ammettono la verità. Infatti non è il tipico romanzo omogeneo e ben congegnato, contiene di tutto e cambia di tono come l’oceano, da cui non a caso viene la vita. Possano le forze che ci governano concederci sempre la capacità di divertirci, quella di resistere alle avversità e quella di contenere tutto, cambiare di tono come l’oceano e continuare a vedere, laggiù all’orizzonte, il candore della balena o di una pagina, che parla a te, proprio a te, mentre gioca sull’abisso notturno.

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«Traducendo Hannah» di Ronaldo Wrobel (Giuntina) per la rubrica #LibriAcolo­ri su Instagram
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Gabriele Ametrano, Martina Donati, Cristina Giachi, Carlo Sisi e Renato Gordini, direttore generale Fondazione Cr

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