RIECCO I GIOCHETTI
Deve essere una strana sindrome, però grave, quella che affligge il Pd a Firenze, e che gli impedisce di capire i motivi delle sconfitte rimediate in tutte le ultime occasioni elettorali, fino alla sberla delle politiche del 4 marzo scorso. Un partito lontano dalla sensibilità e dai problemi della gente? Un partito prigioniero della logica di potere? Un partito che con la rottamazione ha sostituito una classe dirigente con un’altra, ma non i metodi di governo, a Roma e in periferia? La risposta che arriva in questi giorni dalla nostra città è più che sconfortante per chi ha scommesso sul rinnovamento della politica promesso a suo tempo da Matteo Renzi. Tutto nasce dalla difficoltà del Pd a scegliere il presidente del Consiglio comunale dopo le dimissioni (troppo rinviate) di Caterina Biti, giovanissima neoeletta al Senato. Un passaggio semplicissimo a prima vista, dato che i Democratici hanno la maggioranza assoluta dell’assemblea. E invece no: i problemi sono nati nel Pd. Con una miriade di candidati. Appoggiati chi da un gruppetto chi da un altro, non però su questioni di principio o per valutazioni diverse sui concorrenti. Appoggiati e basta, verrebbe da dire. Per vicinanza o fedeltà al capocordata di riferimento. Alla fine gli sfidanti sono rimasti due. E per accontentare l’uno e l’altro si è pensato bene di fare un assessorato in più. Solo che la legge anti-sprechi non ammette più di dieci assessori. E allora? E allora, pare, è cominciata la caccia all’assessore (a) da far fuori per onorare, si fa per dire, l’intesa. Non si sa come finirà ma stiamo assistendo a uno spettacolino di bassa qualità. Uno di quei giochetti di provincia che speravamo di non vedere più. E come non sospettare che dietro il braccio di ferro per la poltrona più alta del Consiglio non ci sia qualche manovra in vista delle prossime elezioni comunali? Guerricciole, piccole astuzie. Ma con quale orizzonte? Come se Nardella non fosse l’unico sindaco rimasto in sella di quello che fu il pimpante partito renziano...