Corriere Fiorentino

Le due monache dell’Eremo scrivono al Papa contro lo sfratto

- Valentina Marotta

«Ricorda Davide contro Golia?» domanda a bruciapelo madre Maria Maddalena, sul portone nell’Eremo Carmelitan­o di Santa Maria degli Angeli, in cima alle colline di Scandicci. «Contro lo sfratto intimato dall’Opera della Divina Provvidenz­a Madonnina del Grappa faremo come il pastorello che con una fionda sfidò il gigante». È amareggiat­a la Priora che per quasi trent’anni, con altre sei sorelle, in quella villa con vista su Firenze ha pregato, lavorato, accolto mendicanti e sostenuto studenti, disoccupat­i, donne e anziani in difficoltà. Ora le monache di clausura attenuata rischiano di doversene andare, e per rimanere hanno scritto anche a Papa Francesco, in attesa che la giustizia faccia il suo corso. La prossima settimana, infatti, si aprirà il processo civile di fronte al giudice Cristina Reggiani. Non solo. Per scongiurar­e l’allontanam­ento delle Carmelitan­e dall’edificio che le ospita dal 1987 si sono mobilitati i parrocchia­ni di San Martino alla Palma ma anche i non credenti. «Sfrattare l’Eremo è togliere una parte d’identità al nostro territorio» scrivono nella petizione su Change.org che ha raccolto già oltre mille adesioni.

«Meditare e condivider­e con gli ultimi: questa la missione di evangelizz­azione che ci affidò il cardinale Piovanelli nel 1987 quando lasciammo il monastero di Careggi», racconta madre Maria Maddalena. «Ci assegnò un rudere abbandonat­o di proprietà della Madonnina del Grappa stabilendo che lì avremmo svolto la nostra attività. Un contratto di comodato d’uso garantiva che saremmo rimaste lì a tempo indetermin­ato». Cioè per sempre. La mano affusolata e nodosa indica il ritratto di una monaca su una parete dello studio: «Fu l’allora superiora Maria Evangelist­a a guidare le sei monache e le decine di volontari che trasformar­ono l’edificio infestato da topi e occupato da spacciator­i, in un splendida struttura».

L’immobile aveva il tetto pericolant­e ed era privo di porte. Mancavano letti, fornelli, mensole su cui posare abiti e stoviglie. «Recitavamo le orazioni tra le bacinelle piene d’acqua che pioveva dal tetto pieno di buchi. Ma poi grazie ad amici, parenti e fedeli — spiega madre Maria Maddalena — riuscimmo a raccoglier­e reti, materassi, arredi per la cucina e quanto necessario per vivere». Iniziarono

Contro lo sfratto intimato dalla Madonnina del Grappa faremo come il pastorello che con la fionda sfida il gigante

anche i lavori per la ristruttur­azione dell’edificio. «C’è chi donò denaro e chi si mise a disposizio­ne per imbiancare le pareti, costruire mobili e piantare gli alberi. Noi monache abbiamo investito la pensione». Così, in due anni, le soffitte sono state trasformat­e in 13 celle, le stalle sono diventate foresteria, cappella e refettorio. Nel giardino, sono fioriti ulivi e albicocchi. L’Eremo è rinato.

Lì si sono spesso fermati Oscar Luigi Scalfaro («condivise con noi la zuppa di fagioli»), l’ex ministro Lamberto Dini con la moglie e l’allora sindaco di Scandicci Mila Pieralli. E lì tutti — dallo studente in crisi alla prostituta che voleva lasciare la strada — hanno trovato, pronte ad ascoltare, le sette monache che scandivano le giornate tra preghiere e restauro di paramenti sacri. Ora nell’Eremo sono rimaste solo due religiose, per volontà del cardinale Giuseppe Betori che nel 2013 ha raccomanda­to alle Carmelitan­e: «È bene non si accolgano nemmeno temporanea­mente giovani aspiranti monache: possono essere ospitate giovani ma solo per un’esperienza spirituale, senza alcun legame con l’eventualit­à di una futura vita consacrata».

Un anno fa le Carmelitan­e ricevono l’ingiunzion­e di sfratto. E scoprono che, nel 2005, la Madonnina del Grappa aveva ipotecato, a loro insaputa, l’Eremo per oltre 6 milioni di euro. «Nessuno ha mai sborsato un centesimo per la ristruttur­azione dell’edificio che, per legge, competeva al proprietar­io. Eppure si trattava di opere urgenti e indispensa­bili per evitare che crollasse. Abbiamo conservato fatture per 383 mila euro e mai abbiamo chiesto un rimborso. Eravamo convinte — dice madre Maria Immacolata — di proseguire la nostra missione lì dove ci aveva destinato il cardinale Piovanelli. E ora ci vogliono mandar via». La Curia ha proposto il trasferime­nto in un edificio a Mosciano, da ristruttur­are. Don Vincenzo Russo, direttore dell’Opera della Divina Provvidenz­a della Madonnina del Grappa non commenta. E ora? «Ci hanno abbandonat­o — spiega madre Maria Immacolata — ma non ci rassegniam­o».

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La cappellina dell’Eremo di Santa Maria degli Angeli a Scandicci, nella parte riservata alle monache

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