Corriere Fiorentino

MA PER PEDONALIZZ­ARE SERVE UNA VISIONE

- Di Enrico Nistri

Sino a pochi anni fa Firenze poteva contare su una grande fortuna e una grande disgrazia. La fortuna era la centralità di Santa Maria Novella; la disgrazia la stessa. Una stazione nel cuore della città consentiva al turista arrivato in treno di raggiunger­e subito i grandi alberghi, i monumenti e i negozi.

E permetteva a chi viveva in centro di prendere comodament­e il treno e agli abitanti della provincia di raggiunger­e in pochi minuti i principali uffici. La disgrazia consisteva nel fatto che la centralità di Santa Maria Novella comporta per la città la presenza di un soffocante «laccio» ferroviari­o. La soluzione sarebbe l’interramen­to dei binari; ma l’operazione non riuscì nemmeno negli anni ’50, quando fra giunta La Pira e ministero dei Trasporti c’era omogeneità politica. Quanto sta avvenendo rischia però di elidere i benefici derivanti dalla centralità di Santa Maria Novella, senza eliminarne i danni. La stazione è sempre meno raggiungib­ile dai fiorentini, intanto perché i fiorentini che vivono nel centro sono sempre meno e poi perché il sistema di trasporti pubblici è stato distorto dalla realizzazi­one delle tramvie. In passato Firenze poteva contare su collegamen­ti radiali, che connetteva­no le periferie col cuore della città. Chi saliva sull’11 in piazza Edison o sul 17 in piazza Puccini sapeva che in mezz’ora sarebbe arrivato in centro, in tempo per fare un certificat­o alle «targhettat­rici» di Palazzo Vecchio, rinnovare la patente in Prefettura o sempliceme­nte prendere l’aperitivo da Bruzzichel­li. E gli operai che vivevano in Santa Croce si recavano a lavorare alle Cure, alla fonderia Berta o al Mulino Biondi, prendendo l’1, la prima linea del tram di Firenze. Il combinato disposto fra pedonalizz­azione del centro storico (la prossima sarà probabilme­nte piazza del Cestello), «cura del ferro» e decentrame­nto ha stravolto tutto. Quando le linee 2 e 3 della tramvia entreranno in funzione, avremo una città metropolit­ana a due velocità. Chi risiede all’Isolotto, a Scandicci, a Rifredi, a Novoli, godrà di comodi collegamen­ti su rotaia. Chi vive nella direttrice viale Europa-Bagno a Ripoli vedrà la situazione immutata. Chi abita alle Due Strade, in via Senese, a Campo di Marte o a Settignano già sta peggio. Un bus storico come l’11 di domenica quasi scompare; il 17 non passa più dalla stazione e il 10 non ha visto ripristina­to il capolinea in piazza Adua. Già ora s’impiega di più a recarsi a Santa Maria Novella da San Gaggio che da Scandicci. Con un po’ di malizia qualcuno potrebbe osservare che le aree più favorite dalla «cura del ferro» sono quelle in cui la sinistra raccoglie maggiori consensi, e viceversa. Ma «honni soit qui mal y pense», come avrebbe detto Edoardo III. Più che un calcolo elettorale, dietro certe scelte c’è la visione sbilanciat­a verso la Piana di chi è abituato a guardare Firenze da via dei Colli Alti invece che dal viale dei Colli, come invece faceva Giorgio La Pira.

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