«Andate avanti, con leggerezza»
Alle 8,10 atterra l’elicottero di Francesco, ad aspettarlo ci sono quattromila fedeli I bambini gli regalano un album di disegni
Non sono NOMADELFIA (GROSSETO) neppure le 7,30 quando a Nomadelfia l’ansia da Papa detona per un nonnulla. Arriva l’elicottero della polizia e una frotta di fedeli e fotografi prende a correre all’impazzata: «Il Papa, il Papa». «Non è il Papa», grida invano qualcuno. Francesco, col suo grande elicottero bianco, arriva una quarantina di minuti dopo, ad aspettarlo c’è una folla di quattromila persone. Per la comunità fondata da don Zeno Saltini, che ha la comunione dei beni e la famiglia come colonne portanti, è la seconda volta: 29 anni fa qui era venuto Giovanni Paolo II. «Ma allora fu una “deviazione” durante la visita diocesana, stavolta il Santo Padre è venuto apposta», dicono fieri i nomadelfi. Accolto dal presidente della comunità, Francesco Matterazzo, e dal vescovo di Grosseto, Rodolfo Cetoloni, il Pontefice si reca sulla tomba di don Zeno, dove depone una pietra col suo nome, «Franciscus», assieme alle altre con i nomi di tutti i nomadelfi. Sulle lapidi i cognomi non ci sono, per le donne c’è scritto «mamma» o «nonna» davanti al nome di battesimo. «Il Santo Padre è rimasto molto toccato — spiega don Ferdinando Neri, guida spirituale della comunità — quando gli abbiamo spiegato il concetto di mamma di vocazione: è la figura che più di ogni altra somiglia alla Madonna, vergine e madre».
Il viaggio riprende, sulla strada sterrata ci sono i butteri maremmani a cavallo, Francesco stavolta non sembra stupito, sarà la sua confidenza con i gauchos. Davanti alle cinque case di Poggetto, Alessandro spiega cosa sono i gruppi familiari, con i figli in affido che crescono insieme a quelli naturali e dove tutto si condivide nelle stanze comuni. Il Papa ascolta, parla poco, si giustifica quando rifiuta crostate e formaggi, poi benedice due bimbi affidati da poco a Nomadelfia, mentre Antonietta piange a dirotto: «Il Papa l’avevo già incontrato in Vaticano, ma averlo a casa mia è un’altra cosa». Poi tutti giù in sala don Zeno, il Papa entra tra due ali di folla e saluta gli infermi. «Mi dispiace perché da me non è venuto — dirà poi Adele, dalla sua carrozzina — D’altra parte aveva furia». L’appuntamento è a tappe forzate. Le due ore di musical «I ragazzi di don Zeno», sulla storia della comunità, diventano dieci minuti. Poi il presidente Materazzo parla a Francesco: «Don Zeno ha osato percorrere sentieri nuovi. Oggi, Santo Padre, le chiediamo di accompagnare in questo cambiamento epocale, la piccola Nomadelfia». E il Pontefice, che poco prima si era informato sulla comunità («ma è davvero aperta?»), risponde dal palco: «Nomadelfia è una realtà profetica che si propone di attuare una nuova civiltà, attuando il Vangelo — dice — Andate avanti». Ma raccomanda anche di conservare «una Nomadelfia leggera», che nella comunità viene interpretato come un invito ad aprirsi ancora di più al territorio, a non diventare una torre d’avorio. Francesco viene poi riempito di doni, uno di questi arriva dai più piccoli, un librone a cui hanno lavorato per due mesi: «Bambini, fate dei disegni in cui accompagnate il Papa in giro per Nomadelfia», era stato il compito impartito dalle maestre. E loro hanno disegnato se stessi mentre, mano nella mano con Francesco, lo portano nei luoghi della comunità, dal campo sportivo alle vigne, dal cimitero fino alle case dei gruppi familiari. «Nuestra casa es tu casa», è scritto nell’ultima pagina riempita dalle loro firme. Con una postilla: «Torna quando vuoi».
Per Papa Francesco arriva il momento di andarsene, ma, mentre scende gli scalini del palco, una coppietta lo ferma: è un fuoriprogramma. Il ragazzo esita, lei è più spavalda: allunga la mano verso il Pontefice, gli porge qualcosa, lui benedice gli oggetti, poi anche i due giovani sulla fronte. Pochi secondi ma davanti agli occhi di tutti. Si chiamano Gioia e Mattia. La ragazza mercoledì ha ritirato le fedi dall’orafo, il 24 giugno i due convoleranno a nozze. «È stata lei a far tutto», mette le mani avanti Mattia. La stessa Gioia confessa di aver esitato: «Ho avuto un po’ di paura, temevo che la sicurezza del Vaticano ci prendesse di peso e ci portasse via. E invece...». Invece il Papa ha sorriso e ha benedetto prima gli anelli, poi le fronti dei ragazzi. «Di questo matrimonio sono straconvinta — sorride lei — Ma ora me lo benedice anche il Papa non posso più avere dubbi».
Reazioni Nella comunità le parole del Papa vengono lette come un invito ad aprirsi ancora di più al territorio, a non diventare una torre d’avorio