Corriere Fiorentino

Il dizionario diFrancesc­o

Gli anziani, la fedeltà creativa, l’educazione, la comunità I discorsi in 10 parole chiave

- di Mario Lancisi

Dieci parole chiave dai discorsi tenuti da Papa Francesco nella sua terza visita toscana, a Nomadelfia e a Loppiano. Dieci passaggi, per una sorta di piccolo dizionario spirituale e civile. A

nziani «Voglio sottolinea­re anche un altro segno profetico e di grande umanità di Nomadelfia: si tratta dell’attenzione amorevole verso gli anziani che, anche quando non godono di buona salute, restano in famiglia e sono sostenuti dai fratelli e dalle sorelle di tutta la comunità. Continuate su questa strada, incarnando il modello dell’amore fraterno». C

hiacchieri­ccio «Non stare in disparte, per seminare zizzania, mormorare, ma sforzarsi di vivere da discepoli sinceri e coraggiosi in carità e verità. Questo seminare zizzania, voi sapete, distrugge la Chiesa, distrugge la comunità, distrugge la propria vita, perché avvelena anche te. E quelli che vivono di chiacchier­iccio, che vanno sempre mormorando uno dell’altro, a me piace dire che sono dei “terroristi”, perché sparlano degli altri; ma sparlare di qualcuno per distrugger­lo è fare come il terrorista: va con la bomba, la butta, distrugge, e poi se ne va tranquillo». F

edeltà creativa «La sfida è quella della fedeltà creativa: essere fedeli all’ispirazion­e originaria e insieme essere aperti al soffio dello Spirito Santo e intraprend­ere con coraggio le vie nuove che Lui suggerisce. Per me — e consiglio a voi di farlo — l’esempio più grande è quello che possiamo leggere nel Libro degli Atti degli Apostoli:

guardare come loro sono stati capaci di restare fedeli all’insegnamen­to di Gesù e avere il coraggio di fare tante “pazzie”, perché ne hanno fatte, andando dappertutt­o». D ire le cose in faccia

«Parresia, nel Nuovo Testamento, dice lo stile di vita dei discepoli di Gesù: il coraggio e la sincerità nel dare testimonia­nza della verità (…) Anche la preghiera deve essere con parresia. Dire le cose a Dio “in faccia”, con coraggio. Pensate a come pregava Abramo, quando ha avuto il coraggio di chiedere a Dio di “contrattar­e” sul numero dei giusti in Sodoma: “E se fossero trenta?... E se fossero venticinqu­e?... E se fossero quindici?...” Quel coraggio di lottare con Dio! E il coraggio di Mosè, il grande amico di Dio, che gli dice in faccia: “Se tu distruggi questo popolo, distruggi anche me”. Coraggio. Lottare con Dio nella preghiera». E ducazione «Abbiamo ereditato dall’Illuminism­o questa idea — non sana — che l’educazione è riempire di concetti la testa. E quanto più sai, sarai migliore. No. L’educazione deve toccare la testa, il cuore e le mani. Educare a pensare bene, non solo a imparare concetti, ma a pensare bene; educare a sentire bene; educare a fare bene. In modo che questi tre linguaggi siano interconne­ssi: che tu pensi quello che senti e fai, tu senti quello che pensi e fai, tu fai quello che senti e pensi, in unità». M aria «Non dimenticat­evi che Maria era laica, era una laica. La prima discepola di Gesù, sua madre, era laica. C’è un’ispirazion­e grande qui. E un bell’esercizio che possiamo fare, io vi sfido a farlo, è prendere [nel Vangelo] gli episodi della vita di Gesù più conflittua­li e vedere — come a Cana, per esempio — come Maria reagisce. Maria prende la parola e interviene. (…) Perché lei è la donna della fedeltà, la donna della creatività, la donna del coraggio, la donna della pazienza». M emoria «Quando, non dico un cristiano, ma un uomo o una donna, chiude la chiave della memoria, incomincia a morire. Come dice l’autore della Lettera agli Ebrei: “Richiamate alla memoria quei primi giorni…”. Con questa cornice di memoria si può vivere, si può respirare, si può andare avanti, e portare frutto. Ma se tu non hai memoria… I frutti dell’albero sono possibili perché l’albero ha delle radici: non è uno sradicato. Ma se tu non hai memoria, sei uno sradicato, una sradicata, non ci saranno dei frutti. Memoria: questa è la cornice della vita». P rossimità «Non si può essere cristiano senza essere prossimo, senza avere una atteggiame­nto di prossimità, perché la prossimità è quello che ha fatto Dio quando ha inviato il Figlio. Prima Dio l’aveva fatto quando guidava il popolo di Israele e domandava al popolo: “Dimmi, tu hai visto un altro popolo che abbia gli dèi così vicini come io ti sono vicino?”. Così domanda Dio. La vicinanza, la prossimità. E poi, quando invia il Figlio a farsi più vicino — uno di noi —, a farsi più prossimo. Questa parola è chiave nel cristianes­imo: prossimità». S piritualit­à del noi «Voi potete fare a voi stessi, e anche agli altri, per scherzare, un test. Un prete che è qui — più o meno nascosto — lo ha fatto a me questo test. Mi ha detto: “Mi dica, padre, qual è il contrario dell’io, l’opposto dell’io? E io sono caduto nel tranello, e subito ho detto: tu. E lui mi ha detto: no, il contrario di ogni individual­ismo, sia dell’io sia del tu, è noi. L’opposto è noi. Ed è questa spirituali­tà del noi, quella che voi dovete portare avanti, che ci salva da ogni egoismo e ogni interesse egoistico. La spirituali­tà del noi». U morismo «Chiedete la grazia dell’umorismo. È l’atteggiame­nto umano che più si avvicina alla grazia di Dio. L’umorismo. Ho conosciuto un santo prete, impegnato fino ai capelli di cose da fare — andava, andava… — ma mai smetteva di sorridere. E poiché aveva questo senso dell’umorismo, quelli che lo conoscevan­o dicevano di lui: “Ma questo è capace di ridere degli altri, di ridere di sé stesso e anche di ridere della propria ombra!” Così è l’umorismo».

 Quando un uomo chiude a chiave la memoria inizia a morire Chiedete la grazia dell’umorismo È l’atteggiame­nto umano che più si avvicina alla grazia di Dio

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Francesco riceve una delegazion­e di monaci buddisti. Sopra, il discorso a Nomadelfia nella sala don Zeno

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