«Firenze non è più solo Rinascimento»
A Palazzo Strozzi il report Deloitte sul mercato dell’arte: «Sta cambiando la percezione della città»
Un occhio puntato su New York. L’altro sulla Cina. Ma entrambe le orecchie ben aperte, il mercato internazionale dell’arte ce l’ha su Firenze «dove la nuova svolta verso il contemporaneo di cui sono espressione Palazzo Strozzi, il Forte Belvedere, piazza della Signoria con le sue installazioni estive, sta cambiando la percezione del mondo dell’arte nei confronti della città non più considerata solo uno scrigno del Rinascimento».
Ne è convinta Barbara Tagliaferri, Art & Finance coordinator di Deloitte Italia, società specializzata in servizi professionali alle imprese e socio fondatore dell’Associazione Partners Palazzo Strozzi da tre anni, che mercoledì sera è intervenuta alla presentazione del report Deloitte «Il mercato dell’arte e dei beni da collezione». È un’indagine di mercato per capire nuovi gusti, nuovi orizzonti, frontiere del business e soprattutto per analizzare cosa e come orienti oggi gli affari nel comparto culturale. «Il nostro lavoro di ricerca è stato a livello mondiale tra arte e finanza, per capirne dinamiche e interazioni, e abbiamo scelto Firenze come sede per il report per l’amicizia che ci lega con Palazzo Strozzi e perché
L’eroico «mondo-contro» di Eduard Limonov è andato in scena a Pistoia. Mercoledì sera il poeta sovversivo russo ha presentato il suo ultimo libro, «Zona Industriale» (Sandro Teti Editore), nella Sala Maggiore Comune, in un appuntamento organizzato dall’associazione culturale Sur Les Murs in un’aula gremita (con il sindaco Alessandro Tomasi in prima fila). Limonov ha raccontato la sua vita di artista e di fondatore del partito nazionalbolscevico, resa famosa dalla biografia che gli ha dedicato Emanuelle Carrere. «Ho letto ‘La pelle’ e ‘La tecnica del colpo di Stato’», ha rivelato l’autore russo parlando della letteratura toscana e compiendo un parallelismo con Curzio Malaparte, «poeta dell’amore e della guerra» che esercita su di lui un fascino specifico. «In particolare ‘La pelle’ mi è piaciuto molto, l’ho consigliata a ne riconosciamo il valore divulgativo e innovativo, di respiro internazionale», ha spiegato Tagliaferri. Il risultato a cui è arrivata l’indagine è che «il ruolo della finanza è diventato quello di maggiore impatto tra gli attori tradizionali del mercato dell’arte come gallerie, mercanti, collezionisti — prosegue — perché se a guidare editori russi che poi l’hanno tradotto. Ho sentito che sul letto di morte Malaparte ha chiesto l’iscrizione al Partito Comunista, proprio lui che era stato fascista. Un percorso che comprendo — ha chiosato — anche se io sono mi sento più coerente e conseguente: ciò che dicevo 30 anni fa, lo dico oggi». Parlando del suo libro ha spiegato che non si tratta di un’altra biografia.
Barbara Tagliaferri Il ruolo della finanza è diventato quello di maggiore impatto tra gli attori tradizionali
le scelte di chi compra arte contemporanea è prima di tutto la passione, ora anche la dimensione dell’investimento ha assunto un’importanza non minore e il connubio dei due elementi chiede che il mercato si doti di servizi dedicati, nuovi». Perché la prospettiva cambia a seconda del tipo di arte che si va comprando: «Chi cerca gli old masters, i capolavori del passato, è di solito uno studioso competente e preparato. Chi invece compra arte contemporanea spesso lo fa per ottenere uno status». Le direttrici principali, per questa seconda e più «viva» categoria sono due: l’arte contemporanea come ambito tematico prevalente e la piazza newyorchese come ambito geografico di riferimento. Anche se, specifica: «Se sono un mercante che vuole fare investimenti sicuri, investo in tele di Fontana o di altri maestri italiani del ‘900. Se invece voglio rischiare di più ed esplorare nuovi mercati, sceglierò l’arte cinese. Ma non sottovaluterei la nuova aria che si respira a Firenze grazie alla forte spinta verso il contemporaneo che combatte un immaginario che la vorrebbe sempre legata al passato».