Corriere Fiorentino

Per l’omicidio Ragusa confermati i 20 anni, ma niente arresto immediato

Respinta la richiesta di arresto immediato. L’avvocato: «Ricorso in Cassazione»

- di Simone Innocenti

Saranno le motivazion­i a dire quali e se ci saranno le differenze tra il primo grado e il secondo grado perché ieri pomeriggio la corte d’assise d’appello di Firenze ha infatti confermato la sentenza a 20 anni di reclusione per Antonio Logli per l’omicidio della moglie Roberta Ragusa. E ha confermato anche l’obbligo di residenza nel comune di San Giuliano Terme, oltre al divieto di allontanar­si dalla provincia di Pisa dalle 21 alle 6. Il procurator­e generale Filippo di Benedetto aveva chiesto alla corte invece che, in caso di condanna, fosse disposta la custodia cautelare. «Ricorrerem­o in Cassazione» ha tuttavia annunciato uno dei suoi legali, Roberto Cavani, spiegando che si dovranno leggere prima le motivazion­i.

Il processo d’appello si è svolto in camera di consiglio avendo Logli scelto il rito abbreviato: ci sono volute sette ore per arrivare alla decisione. Alcuni presenti in aula hanno riferito che l’uomo non avrebbe manifestat­o alcuna reazione al momento della lettura della sentenza. In aula c’era anche uno dei figli, Daniele, diventato da poco maggiorenn­e, che prima dell’inizio del processo d’appello aveva presentato una memoria ai giudici chiedendo l’assoluzion­e del padre. Quando è uscito dall’aula, era commosso. Poi è andato via, spaventato da tutte le troupe televisive che gli hanno chiesto — a lui che ha appena compiuto 18 anni — di commentare la sentenza.

«Oggi è il giorno della giustizia, ma è anche il giorno del dolore», ha dichiarato l’avvocato di parte civile Nicodemo Gentile. «Un figlio ha assistito in aula alla condanna di un padre che ha ucciso suo madre. Profession­almente siamo molto soddisfatt­i perché questa donna meritava giustizia. Ma è un giorno di dolore».

La cugina di Roberta Ragusa, Maria, ha spiegato all’uscita del tribunale: «Sono commossa, la situazione è dolorosa. Non riesco neanche a pensarci. Non ho guardato in faccia Logli».

Al termine della lettura della sentenza Logli è uscito dall’aula insieme al suo avvocato: era provato ma è apparso impassibil­e. Della sentenza non ha voluto dire nulla, per l’ennesima volta ha scelto la strada del silenzio.

Un caso, questo, che fece scalpore. E che è iniziato più di sei anni fa quando Roberta Ragusa sparì nel nulla la notte tra il 12 e il 13 gennaio 2012 dopo un litigio con il marito. Ci sono stati due processi e una prima udienza preliminar­e che si concluse con il «non luogo a procedere» nei confronti di Logli. Il corpo della donna non è mai stato ritrovato.

Il 21 dicembre 2016, dopo che i carabinier­i del reparto operativo di Pisa indagarono per cinque anni su Logli, il tribunale di Pisa lo condannò a 20 anni disponendo l’obbligo di dimora nel comuni di Pisa e San Giuliano Terme e l’interdizio­ne dalla potestà genitorial­e. Una decisione arrivata dopo colpi di scena: si è arrivati a disporre il processo con rito abbreviato in seguito alla decisione della Cassazione: nel marzo 2016 la Suprema corte aveva annullato la sentenza di prosciogli­mento di Logli pronunciat­a dall’allora giudice per le udienze preliminar­i di Pisa, Giuseppe Laghezza. Che cosa spinse Logli a uccidere sua moglie? Secondo i giudici fu la gelosia. Roberta aveva scoperto che il marito aveva una rapporto con Sara Calzolaio, sua amica ed ex baby sitter dei loro bambini. Ci sarebbe stata una discussion­e al termine della quale la Ragusa fu uccisa. Logli si è sempre dichiarato innocente. Continua a lavorare al Comune di San Giuliano Terme alla polizia municipale dopo aver vinto una causa contro il Comune.

Omicidio In aula anche uno dei figli della coppia, che aveva chiesto l’assoluzion­e del padre

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Roberto Logli (in alto) è stato condannato a 20 anni per l’omicidio di Roberta Ragsua

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