Maggio, ci risiamo. Servono 18 milioni
Da Roma l’allarme del commissario: il teatro non ce la fa, appello ai soci pubblici
Con le proprie forze il teatro non ce la fa. La produttività è aumentata, ma gli sforzi non bastano. La zavorra del debito da oltre 60 milioni è un macigno che la Fondazione del Maggio e in particolare i soci, Comune, Regione e Città Metropolitana devono affrontare. È il contenuto della relazione del commissario delle fondazioni Gianluca Sole che chiede ai soci di versare subito 10 dei 18 milioni necessari.
Maggio, ritorna il peso del passato. Col debito accumulatosi in 30 anni che rispunta nella relazione del Commissario speciale per le fondazioni lirico sinfoniche, Gianluca Sole. «Una situazione obiettivamente allarmante e di criticità estrema», scrive citando i numeri 2016 e 2017.
Tutta colpa del debito, scrive. Il Maggio, che ha presentato una modifica al suo piano triennale di risanamento (ancora sub iudice) deve infatti rendere conto della sua attività ogni anno. «Il quadro che emerge dai risultati del preconsuntivo 2017 è di un miglioramento di alcuni indici operativi e patrimoniali». Fin qui, la parte positiva. Poi, l’affondo: «Il debito totale, tuttavia, resta stazionario rispetto al consuntivo 2016 e si conferma ancora il più elevato tra tutte le fondazioni sottoposte a monitoraggio», cioè quelle in crisi che hanno chiesto il sostegno del ministero. I ricavi sono inferiori dell’8.8%, nel 2017 rispetto al 2016 (ma perché nel 2016 c’era l’ultima tranche dello stralcio del debito ottenuto dall’ex sovrintendente Bianchi): 33,5 milioni che hanno consentito, con ricavi da biglietteria «in linea con il consuntivo 2016», e un indice spettatori per alzata di sipario «leggermente superiore alle attese».
Mantenendo i costi in diminuzione (32,9 milioni di euro) alla fine il risultato finale è di un utile di poco meno di 600 mila euro. Il patrimonio, da tempo negativo, è in corso di ricostituzione. Il commissario nota, «un tendenziale miglioramento», ancora «non sufficiente a superare la gravità della condizione» che deve destare «il massimo allarme» in vista della fine del piano di risanamento nel 2019. Per affrontarlo, il Maggio ha «ritrovato» dei «pregiati» lampadari, messi a patrimonio a 4 milioni di euro e in parte saranno venduti, come una colonica in Mugello, che il Comune sta trasferendo alla fondazione. Tutto bene? No: perché il problema è che i 62 milioni di euro «il debito totale della fondazione rimane ancora su livelli altissimi e di forte criticità». Di questi 62 milioni, «solo il 49% è di residua quota di rimborso» del fondo di garanzia del governo. Il resto sono debiti veri, verso l’Agenzia delle entrate, Inps, fornitori, cantanti, musicisti. E l’utile raggiunto è «quasi ininfluente».
Per questo serve una «ripatrimonializzazione (in denaro) dai soci», cioè Regione, Comune e Città metropolitana. Di fatto, se fosse una società di capitali e non una fondazione, una ricapitalizzazione. E questo intervento Sole lo ha già chiesto, con la cifra: 18 milioni totali, di cui 10 subito, cash. «Non è plausibile che la fondazione possa raggiungere risultati tali da consentirle di riportare, nel breve-medio periodo, la proprio posizione debitoria entro livelli sostenibili».
«Stiamo seguendo la cosa con molta attenzione: il problema della ricapitalizzazione è noto e sotto controllo» l’unico commento che arriva dal sindaco, e presidente della fondazione, Dario Nardella. Ma gli uffici sono al lavoro da tempo per un atto che, presumibilmente, passerà dal Consiglio comunale.