Vi racconto i segreti della cappella di nonno Gino ad Assisi
Domani nel nuovo Museo della Memoria sarà svelata l’area dedicata a Bartali
Domani, alle 9.30 nel palazzo del Vescovado si inaugura il nuovo «Museo della Memoria, Assisi 19431944». La cerimonia si tiene ad Assisi nel giorno dell’undicesima tappa del Giro d’Italia e amplia l’allestimento aperto nel 2011. Nel Vescovado monsignor Placido Nicolini diresse l’organizzazione clandestina che salvò centinaia di ebrei, con l’aiuto di Gino Bartali. Il Museo si arricchisce di una sezione dedicata a Ginettaccio, con la cappellina che aveva in casa a Firenze e che era stata consacrata dal cardinale Elia Dalla Costa. Pubblichiamo un ricordo della nipote Gioia, figlia del primogenito Andrea.
La storia che vi voglio raccontare parla di un Gino Bartali speciale, un campione sportivo che ha saputo fare della sua bicicletta uno strumento di pace e della sua fede un’espressione di forza e grande umiltà. Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, mio nonno non ha mai smarrito i suoi valori facendo prevalere sempre il suo profondo senso di giustizia. Pedalando da Firenze ad Assisi, trasportando documenti falsi nella canna della sua bicicletta, rischiando la sua vita per salvarne tante altre, ha donato a tutti noi un grande esempio di generosità e coraggio.
La sua casa a Firenze, in piazza Cardinale Elia Dalla Costa, fu costruita proprio grazie ai suoi primi guadagni nelle corse. Fino alla scomparsa di nostra nonna Adriana nel 2014, tutto era rimasto intatto, come se il tempo si fosse fermato. Una casa sempre in ordine, i trofei appoggiati ovunque e la cappellina di mio nonno Gino in una piccola stanza dalla cui porta leggermente socchiusa trapelava un’atmosfera quasi incantata. Un modesto altare di legno e la statua della Santa Teresina Del Bambin Gesù con il suo lumino sempre accesso, semplice, essenziale esattamente come lo era lui. Nel 1936 mio nonno non aveva ancora 22 anni e aveva già vinto gare importanti ma soprattutto il suo primo Giro D’Italia.
Non poteva desiderare niente di più dalla vita ma tutto crollò improvvisamente la domenica del 14 giugno. Il fratello Giulio stava correndo la Targa Chieri e dopo un incidente meccanico si buttò a capofitto nella discesa del San Donato, vicino Firenze. Era una domenica di pioggia e la strada era fangosa e pericolosa. A una curva una macchina in contromano che non aveva rispettato l’alt della polizia stradale aprì lo sportello proprio mentre sopraggiungeva Giulio a forte velocità. L’urto fu tremendo e il povero Giulio fu sbalzato lontano riportando diverse fratture e la clavicola rotta. Fu sottoposto a un intervento chirurgico ma il giorno dopo i medici dissero ai familiari che potevano riportarlo a casa perché non c’era più niente da fare. Il 16 giugno, dopo trentasei ore di agonia morì.
Per mio nonno fu il momento più brutto e triste della sua vita. Per lui Giulio era un punto di riferimento, un sostegno, un amico. In quel momento decise di ritirarsi dalle corse, rifugiandosi da sacerdoti amici cercò conforto nella sua fede e nella preghiera. Mia nonna lo andava a trovare spesso portandogli tutto il suo conforto e un giorno gli disse: «Giulio amava la bici come te, pedala anche per lui, ti sentirai più forte».
In quel periodo il legame con la sua fede si rafforzò ulteriormente avvicinandosi al messaggio di pace del Carmelo. Nel 1937, nella Fraternità di San Paolino a Firenze, prese l’abito del Terz’Ordine entrando nell’Ordine Secolare con il nome di Fra Tarcisio di Sa nta Teresa del Gesù Bambino. Per tutta la vita mantenne fede alla promessa fatta al suo ordine. Chiese di essere seppellito, un mantello bianco che conservò tutta la vita con riservatezza e discrezione. Si mise a disposizione dei bisognosi con generosità, dimostrando la sua grande umiltà in un’unica frase: «Il bene si fa ma non si dice».
La testimonianza della sua fede è racchiusa in una fitta corrispondenza scritta da mio nonno tra il ’38 e la fine degli anni ’50 ed indirizzata a mia nonna. Un Gino Bartali inedito che scrive alla sua fidanzata e poi sposa, esprimendo il suo amore per la famiglia e lasciandoci dei messaggi di autentica fede. Una corrispondenza importante per mia nonna che ha continuato a leggere le sue lettere nei momenti bui, quelli dopo la scomparsa del suo amato Gino. Mi consegnò le lettere pochi giorni prima della sua morte, un tesoro immenso che sono grata di poter custodire.
Mio nonno riprese a correre e a vincere, era tanta la devozione per Santa Teresa che il 31 maggio, nella chiesa del
Era il luogo prediletto della sua casa, dove trovava conforto nella preghiera Abbiamo riportato lì tutti gli oggetti, compresa la statua di Santa Teresina
Corpus Domini di Milano, le dedicò una preghiera di ringraziamento per aver vinto il Giro D’Italia. Il Santino originale del periodo con il testo integrale della preghiera, sarà esposto ad Assisi.
Da buon cattolico partecipava alle funzioni religiose in Chiesa ma la sua notorietà distraeva ormai i fedeli. Chiese e ottenne così dal cardinale di Firenze, Elia Dalla Costa, la possibilità di avere in casa una cappellina con un altare consacrato. Mio nonno come terziario carmelitano dedicò la cappellina a Santa Teresa del Bambin Gesù e a suo fratello Giulio. Divenne per lui il luogo prediletto per trovare pace e conforto nella preghiera. Alla cappellina è dedicato un piccolo quaderno dove furono annotate tutte le funzioni celebrate, ne ho contate più di trecento. L’ultima è del 6 maggio 2000, una funzione privata solo per noi familiari il giorno dopo la sua morte. Il parroco scrive tremante forse tradito dall’emozione: «Ho celebrato la messa per Gino che ha terminato ieri alle ore 14 la sua corsa verso la vetta più alta». Molti gli oggetti che accompagnano la storia di questa cappellina e del profondo legame tra mio nonno e la città di Assisi: un calice consacrato nel 1937 da mons. Nicolini vescovo di Assisi testimonianza di un rapporto di amicizia e di fede già esistente prima ancora di iniziare il suo ruolo di staffetta nella rete clandestina.
Nel marzo del 2014 nostra nonna è morta, io e mia sorella Stella abbiamo ereditato la casa di famiglia su espressa volontà di nostro nonno Gino. A distanza di pochi mesi la malattia di nostro padre Andrea prese il sopravvento e ci trovammo costrette ad affittare l’appartamento per poterci prendere cura di lui nel miglior modo possibile. Svuotare la casa dei miei nonni è stato come svuotare una parte della mia vita e del mio cuore. Ho avvolto ogni oggetto con cura, ho delicatamente abbracciato la statua della Santa Teresina e l’ho messa supina nel furgone avvolta in una morbida coperta quasi volendola preservare dal freddo. L’ho portata a casa mia, nelle Marche, e ora è di nuovo in viaggio. Il nostro desiderio più grande era che la Santa Teresina continuasse ad essere un luogo di fede e raccoglimento in cui potersi rivolgere a Dio esattamente come fece mio nonno per più di sessant’anni. Con lei anche il piccolo inginocchiatoio su cui mio nonno si raccoglieva in preghiera, il suo rosario, le sue preghiere e una bellissima reliquia di San Francesco e Santa Chiara testimoni anch’essi di un legame profondo con la città serafica.
La nuova dimora per la nostra amatissima cappellina sarà all’interno del Vescovato di Assisi, nella nuova sede del «Museo della Memoria», uno spazio importante con una mostra che si sviluppa attraverso un percorso che propone approfondimenti sulla storia degli assisani coraggiosi che si sono spesi per mettere al sicuro tantissimi ebrei. Io e mia sorella Stella siamo profondamente grate al vescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino, per averci accolto con tanto affetto e aver fin da subito dimostrato una sensibilità straordinaria nei riguardi della testimonianza di fede di nostro nonno.
Nel settembre 2013 mio nonno è stato riconosciuto Giusto tra le Nazioni dopo una lunga attività di ricerca a cui partecipò attivamente in prima persona anche mio padre Andrea. Dopo la sua morte, avvenuta nel giugno del 2017, mi sono attivata per proseguire la sua attività di testimonianza nelle iniziative legate alla figura di mio nonno. Con grande impegno e riconoscenza mi sono appassionata alla storia di un uomo che ancora tutti amano nonostante siano trascorsi 18 anni dalla sua scomparsa. Un giorno mi disse: «Gioia, di me ne parleranno molto più da morto che da vivo». Solo oggi ho afferrato il significato di quella frase e come sempre la sua lungimiranza non ha fallito.
Quest’anno per la prima volta il Giro d’Italia è partito fuori dall’Europa, in Israele e in occasione di questo evento, Gino Bartali è diventato cittadino onorario di Israele e ho avuto l’onore di ricevere dalle mani di Avner Shalev, presidente di Yad Vashem, il certificato di cittadinanza israeliana commemorativa per mio nonno, accolta c0n affetto dall’Ambasciata italiana in Israele, da Rcs Sport e da Sylvan Adams, presidente onorario di «Big Start» del Giro d’Italia. La prima tappa del giro, a Gerusalemme, è stata dedicata a mio nonno. Vinta dal ciclista olandese Tom Domoulin, ho avuto anche la grande emozione di consegnargli sul palco la targa dedicata a mio nonno dal Giro d’Italia. Ma non solo: in Israele anche una pista ciclabile ad Haruvit sarà intitolata a Gino Bartali. Per il futuro tanti progetti ed impegni tra cui la costituzione di un’associazione dei «Giusti tra le Nazioni – Italia» che mi vedrà protagonista nel mantenere in vita lo spirito di sacrificio e di amore che hanno caratterizzato l’agire dei Giusti tra le Nazioni, consegnandoli alle generazioni future intatti nella loro indelebile memoria.