Corriere Fiorentino

FRIZZI, ASTORI E NON SOLO: LE EMOZIONI, IL RITORNO ALLA REALTA’

- Di Massimo Parisi* *Ex deputato Ala

Caro direttore, c’è un nesso fra l’esplosione emotiva manifestat­asi, a livello nazionale e non solo, intorno ad eventi tragici e la situazione generale del Paese? La prematura scomparsa di un calciatore poco più che trentenne come Davide Astori, lo scorso 4 marzo, e, poco più di un mese fa, il 26 marzo, quella di un conduttore televisivo amato e apprezzato come Fabrizio Frizzi, sono state seguite con commozione da milioni di persone. Si è trattato, come sempre nel caso della morte, di tragedie enormi, ma, trascorse svariate settimane, converrà forse il lettore che il risalto straordina­rio che questi eventi hanno avuto non si spiega da solo. Non fraintendi­amoci: la tragedia è stata grande. Astori aveva poco più che trent’anni ed era un signore in campo e fuori; Frizzi era un conduttore tivù garbato e un uomo generoso. Forse dunque conviene interrogar­si, non tanto sulla imperscrut­abilità del destino, anche stavolta cinico e barbaro, ma su quali elementi abbiamo fatto scattare un sentimento collettivo così forte.

E il secondo quesito che intendiamo porci è se lo stato attuale del Paese, abbia o meno qualcosa a che fare, con la situazione generale italiana, con le sue contraddiz­ioni e le sue certezze, sempre più sbiadite. C’è un nesso tra l’emotività di cui stiamo parlando e il livello di assorbimen­to delle nostre vite, delle nostre attenzioni, della nostra realtà, da parte dei moderni apparati di comunicazi­one, siano essi telefonini, computer, tablet, tv, social media? Siamo tutti avvolti in una specie di mondo virtuale parallelo molto simile alla realtà, ma che non è la realtà. Le nostre conversazi­oni avvengono su WhatsApp più che dal vero, e non è la stessa cosa. Le notizie ci arrivano in diretta sul telefonino e non è come leggerle sui quotidiani del mattino seguente o vederle al tg della sera. E in questa realtà parallela mancano i fenomeni reali negativi, come appunto la morte. E mancano perché non produttori di attenzione e di reddito per i grandi player mondiali di questo settore. Ecco perché episodi drammatici come la morte di un giovane atleta o di un non più giovanissi­mo conduttore televisivo riescono a raggiunger­e un così alto livello di emotività nel Paese e non solo.

È l’irruzione del reale nel nostro modello di vita virtuale, descritto a suo modo da Steven Spielberg in un film, Ready Player One, uscito poche settimane fa nelle sale. Si tratta appunto di una riflession­e su questi due mondi: un mondo immaginato reale (quello del 2045), e un mondo digitale parallelo guidato dalle grandi compagnie della realtà virtuale che si mescolano e si confondono, fino a far prevalere le emozioni individual­i generate dalla lotta virtuale e trasformar­le in energia vittoriosa nella realtà.

In fin dei conti, se ci pensiamo bene, anche la situazione politica ed elettorale, non solo dell’Italia, subisce l’influsso di tale impatto emotivo. Certo, il voto del 4 marzo è stato un voto «rivoluzion­ario» ma basato più sul sentimento che sul raziocinio, più sulle sensazioni che sulla reale conoscenza delle situazioni. Se non vogliamo parlare dell’Italia, per non dispiacere qualccuno, parliamo pure di altri Paesi, magari di nazioni nelle quali, per esempio, il fenomeno migratorio è quasi del tutto inesistent­e, e dove pure trionfano partiti anti-immigrati. E forse di voto «emotivo» potremmo parlare anche per Brexit, per Trump, per la sconfitta di Renzi al referendum costituzio­nale.

Un ragionamen­to che tocca dunque anche il livello della politica: questa stessa differenza tra reale e virtuale la possiamo associare alle campagne elettorali e al balletto a cui stiamo assistendo da mesi per la composizio­ne del governo. Il salto da Spielberg a Di Maio è certamente grande, ma la campagna elettorale era appunto il virtuale, mentre le regole della democrazia parlamenta­re, che, vivaddio, reggono ancora, sono invece il reale. E nel reale occorrono gli accordi e i compromess­i. Si chiama politica. Ed infatti è rigorosame­nte scomparso lo streaming.

Troppa virtualità Siamo disabituat­i all’emotività, distratti dal mondo digitale parallelo a quello vero

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Davide Astori
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Fabrizio Frizzi

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