QUALE PER FIRENZE (TURISMO, DEGRADO)
Caro direttore, ci risiamo, con l’arrivo della primavera riemergono con maggiore forza i problemi fiorentini legati alla mobilità, alla sosta selvaggia connessa alla movida, al decoro per via dei tantissimi turisti e non solo. In una mia lettera dello scorso novembre avevo scritto che, volendo, istituzioni e non solo avrebbero avuto il tempo per prepararsi adeguatamente in vista della primavera che è ormai arrivata. Un appello che sembra essere caduto nel vuoto. Premesso che il turismo è un settore economicamente primario per la città, mi chiedo come si pensi di poter gestire, in queste condizioni, un flusso turistico arrivato a diciottomila persone al giorno nel nostro centro? Dove sono finiti i buoni propositi? Si era parlato di incentivare la mobilità alternativa per l’accesso al centro, di maggiore attenzione nella gestione dei rifiuti, di nuovi arredi urbani, di promozione turistica per delocalizzare i flussi turistici, di lotta all’abusivismo e di sicurezza, del contrasto all’«anarchia» per quanto riguarda le consegne in centro. Va ammesso: l’impegno c’è stato ma non ci siamo organizzati perché il centro di Firenze sia in grado di sopportare un flusso turistico così elevato. L’assessore comunale al Turismo Paola Concia, in una recente intervista, ha parlato di «big data e smartphone» per gestire l’invasione turistica. Ma dove sono ad esempio i fontanelli, le panchine (cui sopperiscono le fioriere anti terrorismo), i bagni pubblici? L’assessore parla di decongestionare i flussi, di calmierare gli affitti, di incentivare la mobilità elettrica. Ma a partire da quando? Chi lavora «per strada» sa bene che la realtà è un’altra. E che ogni giorno Firenze è sotto assedio. Non mi riferisco solo al turismo, ma anche al degrado, alla crescente diffusione della droga, all’abusivismo. Uno scenario la cui ultima risposta dovrebbe essere il menefreghismo cui sempre più spesso assisto. Alcuni giorni fa, passando dal ponte alle Grazie mi sono imbattuto in alcuni giovani sdraiati in terra, (mentre sul cordolo che separa le due corsie c’erano parcheggiate tre bici Mobike) che consumavano tranquillamente il loro pasto lasciando avanzi di cibo e bottiglie. È questo il turismo che vogliamo? Sentiamo troppo spesso parlare di «eccellenze» da salvaguardare, ma spesso quella dell’eccellenza è una retorica che si applica a chi lavora in nicchie da intenditori. Ma non vanno dimenticati quegli esercizi commerciali che coltivano semplicemente la capacità di far bene il proprio lavoro. Da ragazzo ogni sabato pomeriggio andavo a prendere mio padre che usciva dal suo studio di via de’ Pescioni e mi diceva: «Fabrizio vestiti andiamo al cinema!». Era l’evento : passeggiata per via Tornabuoni, un panino dal Calderai poi a fine pomeriggio al Gambrinus o al Capitol ( il cinema con l’ascensore!). Lo so, sono finiti quei tempi, ma quello che vedo oggi nella mia Firenze è troppo spesso l’estremo opposto.