L’Europa sfumata contro le piccole E per i gol mancati
Stress, eccesso di agitazione, paura di non farcela: la pressione di dover vincere per forza ha giocato un pessimo scherzo. Sfinita al traguardo, la Fiorentina «è caduta all’ultimo miglio» come ha detto Della Valle e ha finito per pagare il conto di due mesi vissuti in apnea. «È stato comunque un percorso indimenticabile», ha scritto Sportiello ieri sui social. Giusto, ma se le sconfitte servono per imparare qualcosa, questo inatteso ko contro il modesto Cagliari, non dovrà essere sottovalutato. Un conto infatti è inseguire un obiettivo prestigioso in preda all’emozione per il capitano perduto, un altro è dimostrare di avere le spalle larghe per vincere un testa a testa con le rivali. E la giovane, orgogliosa ma altrettanto acerba Fiorentina di Pioli, da questo punto di vista, ha dimostrato grandi fragilità. L’età media (24 anni e poco più) parla chiaro, in squadra, a parte Badelj, Pezzella e pochi altri, non ci sono giocatori abituati a convivere con la pressione che solo il calcio (con il businness e tutti i tifosi che ha) può creare. C’è poi un aspetto tecnico che,ora che il campionato volge al termine, non può essere considerato un semplice incidente di percorso. Con le piccole i viola hanno buttato via una montagna di occasioni. Spal, Crotone, Chievo, Verona, Sassuolo e ora anche Cagliari, hanno rubato punti preziosi (19 per l’esattezza) a Pioli. Punti che, se sommati alle imprese contro le grandi, avrebbero potuto valere almeno il settimo posto. Se la compattezza viola (e la sagacia tattica di Pioli, uno dei pochi a imbrigliare due volte Sarri, a battere la Roma e far soffrire la Juve) è stata decisiva nelle partite più attese, la cronica difficoltà a sfondare le difese compatte, è stata fatale. Simeone (13 reti) ha fatto un buon campionato, ma il problema dell’attacco resta. Anche perché i gol falliti non si contano, i vari Saponara, Falcinelli, Eysseric, Thereau (a proposito, ma che fine ha fatto?) e Gil Dias non segnano praticamente mai, e lo stesso Chiesa (2 gol nel girone di ritorno) incide a intermittenza. Segnare poco (i viola hanno 10 gol in meno dell’anno passato) però non dipende solo dagli attaccanti, ma è figlio anche di una qualità tecnica complessiva decisamente più bassa rispetto ai gruppi che allenavano Paulo Sousa o Montella. Spesso, quando la partita s’incarta, la manovra viola ha avuto un solo, unico sbocco: palla a Chiesa sulla fascia, con la speranza che le sgroppate del gioiellino fruttassero qualcosa di buono. Lo stesso centrocampo (con Veretout sorpresa gradita) ha muscoli e polmoni, ma in quanto a proprietà di palleggio e fantasia (Badelj a parte) lascia a desiderare. Qualità, esperienza e magari una panchina un po’ più ricca per allargare le scelte di Pioli. Per l’aggancio all’Europa è mancato soprattutto questo. Un avviso ai naviganti che potrebbe diventare prezioso quest’estate, quando, al primo mattone (per usare la metafora di Della Valle), la Fiorentina dovrà aggiungerne un secondo.
Attacco spuntato Davanti segna solo il Cholito, la squadra spesso si affida unicamente alla corsa di Chiesa A centrocampo manca qualità