Gli immigrati? Ci servono
L’anticipazione Esce domani «Siamo tutti terroristi», il nuovo libro di Jacopo Storni Viaggio nell’Italia multiculturale, oltre i pregiudizi. Pubblichiamo la prefazione di Emma Bonino
«Siamo di fronte a un’invasione», «Rubano il lavoro agli italiani» o anche «Ospitiamo i profughi negli alberghi a quattro stelle», «Diamo loro 35 euro al giorno per non far niente». Tutti i giorni, espressioni come queste attraversano i social network, dilagano su internet, sapientemente orchestrati dalla politica.
Ma tutte queste affermazioni sono false. Eppure circolano, finiscono per diventare la realtà percepita. Ecco: è soltanto una percezione, una percezione sbagliata, totalmente infondata e non supportata dai numeri né dai fatti. È tutto falso, ma finisce per diventare credibile. Spero che gli studenti di oggi, cittadini di domani, siano resistenti a tutto ciò. Oggi la verità è in balia delle fake news, che diventano post verità. Sul tema dell’immigrazione, materia su cui si gioca (inspiegabilmente) il consenso elettorale, tutto questo viene esaltato all’ennesima potenza.
Come si fa a contrastare questo approccio? Come facciamo a mostrare agli italiani (e non soltanto a loro) che la verità è quella dei numeri, delle statistiche, dei fatti? E non quella dei social network, dei politici alla ricerca di consenso e dell’informazione sbrigativa?
Un primo passo è raccontare tutto quello che di solito non viene raccontato. È possibile farlo attraverso i dati, attraverso le storie: quelle che toccano le corde dei sentimenti e che rendono le cifre più umane. Storie e numeri che, paradossalmente, rischiano di renderci impopolari, perché stimolano non tanto la pancia della gente, ma il loro cervello e il loro cuore. E la questione migranti è certamente impopolare. Ma come diceva Marco Pannella, su certe
Il titolo del libro è volutamente provocatorio e riprende un’espressione utilizzata più volte da Gianna Nannini, artista molto amata dall’autore: si intitola «Siamo tutti terroristi» (Castelvecchi editore), lo ha scritto il giornalista del «Corriere Fiorentino» Jacopo Storni ed è un viaggio questioni bisogna avere il coraggio di essere impopolari, per non diventare antipopolari nella sostanza. Bisogna avere il coraggio di dirlo: l’immigrazione è una risorsa, abbiamo bisogno degli immigrati. E dirlo una volta per tutte: siano benedetti i sei milioni di immigrati regolari residenti nel nostro Paese. Sono l’8% della popolazione, producono il 9% del Pil, sono contribuenti netti, nel 2014 hanno pagato le pensioni di 640 mila italiani, hanno dato vita a più di 500 mila imprese, dando lavoro anche agli italiani e facendo attraverso l’Italia multiculturale tra immigrati di successo, famiglie multiculturali, borghi e città che hanno fatto della pluralità un valore aggiunto. Sono 22 le storie del volume — edizione aggiornata e arricchita del precedente «L’Italia siamo noi» — «oltre le apparenze, la cronaca nera lavori che gli italiani non vogliono fare. (…)
Senza gli stranieri impiegati nell’agricoltura, i nostri campi sarebbero vuoti, senza gli operai stranieri non aprirebbero i mercati generali di Roma, senza gli immigrati manovali non ci sarebbero i cantieri edili e senza le badanti e le colf straniere, nessuno si prenderebbe cura dei nostri cari e delle nostre case. Cosa succederebbe se, anche soltanto per ventiquattro ore, venissero a mancare tutti gli immigrati in Italia? Sarebbe il black out, la paralisi totale. Questi sono i fatti e la superficie dei pregiudizi». Tra i luoghi citati nel volume da domani nelle librerie c’è anche Campi Bisenzio dove cinesi e italiani convivono da tempo. «Abbiamo bisogno degli immigrati», scrive Emma Bonino nella prefazione di cui pubblichiamo un estratto. che dobbiamo raccontare con forza all’opinione pubblica. (…)
Ci sono diritti, ma devono esserci anche doveri. Se vogliamo davvero cambiare le regole sull’immigrazione, dobbiamo avere il coraggio di dire che l’immigrazione non vuol dire far sposare le bambine a nove anni, andare in giro col burqa o mutilare i genitali delle donne: ciò non è tollerabile e va combattuto. Soprattutto attraverso una politica seria d’integrazione. (…) In Italia siamo stati bravissimi nel primo soccorso e nell’accoglienza, ma dobbiamo finalmente dedicarci all’integrazione. Risolvere la questione chiudendo le frontiere e alzando i muri non porterà alla soluzione. Ci sono milioni di persone che hanno paura dell’aereo: non per questo abbiamo fermato gli aerei, ma abbiamo cercato di renderli più sicuri. E invece noi alziamo muri, fili spinati, barriere. Questa è la politica del «Lontano dagli occhi, lontano dal cuore», soprattutto alla luce delle condizioni terribili in cui i migranti vivono in Libia, tra arresti, torture e privazioni della libertà. Noi continuiamo a fare finta di non sapere, magari nella speranza che arrivino Unhcr o altre organizzazioni umanitarie a tentare di alleviare questi drammi indicibili. La banalità del male: di questo parlava Hannah Arendt. Prima la criminalizzazione delle Ong, poi l’accordo con la Libia. Così rischiamo di non accorgerci che stiamo scivolando su una china molto pericolosa. Non è certo un reato avere un po’ di empatia per i migranti, e spero che tutti noi possiamo cominciare a non usare soltanto la pancia, ma anche il cervello, magari insieme a un pezzetto di cuore.
C’è una cosa che ricorderò sempre e risale all’ultimo incontro che ho avuto con Nelson Mandela. Lo ricordo benissimo, percepisco ancora le emozioni di quel momento. Vedo ancora il suo volto, le sue parole pronunciate quasi all’improvviso. A un certo punto mi disse: «Sai, se ci sono i moscerini in un grande stagno, i fucili non servono. Forse è meglio bonificare lo stagno». E io credo che dobbiamo bonificare lo stagno riducendo l’irregolarità, la clandestinità, il lavoro nero, le donne nigeriane costretta a prostituirsi, i minori non accompagnati che non sappiamo dove sono finiti, la criminalità di chi delinque. Ma per fare questo, dobbiamo soprattutto prosciugare il nostro stagno di paura, pretese, stereotipi e pregiudizi. E per smontare i pregiudizi, c’è bisogno di ribaltare il racconto, c’è bisogno di trovare il coraggio per andare contro corrente, soprattutto quando abbiamo la consapevolezza che andare contro corrente significa andare dalla parte giusta.