Corriere Fiorentino

TU CHIAMALE SE VUOI EMOZIONI...

- Di Antonio Montanaro

Non è facile tirare le somme — per stabilire cosa ha funzionato e cosa no — in una stagione funestata dalla morte improvvisa, nel sonno, del capitano viola. Non è facile perché ci sono in ballo rapporti umani. E Astori, abbiamo scoperto, li sapeva coltivare con umiltà, sincerità, pazienza. «Andare a mille» (parole di Stefano Pioli) per reagire al trauma della scomparsa di un compagno è stata la risposta di una squadra che non era ancora squadra. E lo è diventata per resilienza. È questo il primo punto da tener presente: fino a quella maledetta mattina del 4 marzo l’allenatore aveva a disposizio­ne un gruppo di calciatori — alcuni di talento, altri meno — in cerca di un’identità di gioco. Che è arrivata, grazie a una reazione di testa e di cuore. Come non mettere sulla bilancia le parole di Badelj ai funerali in piazza Santa Croce? Come non tener presente l’ondata di affetto arrivata a Firenze da ogni parte del mondo? O il silenzio del Franchi nel giorno della partita contro il Benevento? Il calcio non è solo numeri, bilanci milionari e tattica: c’è un aspetto emotivo che ne fa (ancora) uno degli sport più coinvolgen­ti. Dunque, le emozioni forti — anche contrastan­ti se si pensa agli inizi del campionato — non possono che avere un peso rilevante nel bilancio complessiv­o. La Fiorentina si è piazzata all’ottavo posto, ma fino al crollo fisico nel finale ha avuto un rendimento da squadra di vertice. E da qui bisogna ripartire per il futuro. Certo, ora arriva il difficile: mantenere a tutti i costi il nucleo centrale della squadra (Pezzella, Milenkovic, Vitor Hugo, Veretout, Badelj, Dabo, Benassi, Chiesa, Saponara, Simeone) e affiancarg­li acquisti o giovani del vivaio in grado di aumentare la forza fisica, l’entusiasmo e la qualità. Le basi ci sono, va costruito il resto del palazzo.

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