Un miliardo di euro per i forni elettrici Ecco il piano indiano per rilanciare Piombino
Il gruppo indiano ha previsto un miliardo di investimenti per costruire almeno due nuovi forni elettrici entro il 2023
Un miliardo di investimenti ed un piano in due tappe, lungo fino al 2023, per produrre acciaio e impiegare a regime 1.500 persone. Questo il piano industriale che Jindal presenterà per l’acciaieria di Piombino dopo averla rilevata da Aferpi.
Un miliardo di investimenti per costruire entro il 2023 almeno due forni elettrici in grado di produrre 3 milioni di tonnellate di acciaio a Piombino; l’ipotesi di realizzare un terzo forno ed espandere la produzione anche ai laminati piani; 1.500 lavoratori reimpiegati a regime: sono i punti salienti di piano industriale per le ex acciaierie Lucchini che l’indiana Jindal South West presenterà domani a Roma, la ministero dello sviluppo economico.
L’intesa è stata raggiunta lo scorso 17 maggio, dopo una trattativa durata oltre un anno e mezzo: gli indiani di JSW hanno chiuso l’accordo con gli algerini di Cevital per rilevare le acciaierie Aferpi (ex Lucchini) e rilanciarle, tornando a produrre acciaio a Piombino. Il closing dell’operazione è atteso entro il prossimo 10 giugno ed è subordinato al realizzarsi di tre condizioni sospensive: la firma di un nuovo accordo di programma che verrà stilato sulla base del piano industriale di Jsw; l’accordo con i sindacati; le autorizzazioni del Mise e del commissario straordinario. Questi passaggi preliminari dovrebbero chiudersi nel giro di 5 settimane, poi avverrà il perfezionamento dell’operazione con il passaggio di azioni e denaro: 55 milioni di euro che Jindal ha messo sul piatto insieme a ulteriori risorse al servizio del capitale circolante netto per un totale di circa 90 milioni. Questo significa che Issad Rebrab, patron di Cevital, che aveva pagato le acciaierie 11 milioni e ce ne aveva investiti circa 120, esce sconfitto dalla saga di Piombino riportando una perdita di oltre 75 milioni di euro.
Il piano industriale di JSW si articola in due fasi. La prima fase, che partirà immediatamente dopo il closing, durerà 18 mesi e ha come obiettivo principale riportare Piombino ad essere attiva sul mercato dei prodotti lunghi (rotaie, barre e vergelle) alimentando i laminatoi con acciaio fornito da Jindal o da altri produttori internazionali. Sempre in questa prima fase, nel 2019, partiranno le demoli- zioni delle vecchie strutture e saranno definiti gli studi di fattibilità per i passaggi successivi. La seconda fase, che durerà tra 24 e 36 mesi, prevede la costruzione di due forni elettrici capaci di produrre a Piombino fino a tre milioni di tonnellate di acciaio, oltre alla realizzazione degli impianti per la laminazione dei prodotti piani e degli impianti per la finitura. Jsw sta lavorando all’ipotesi di costruire anche un terzo forno elettrico per produrre nello stabilimento di Piombino l’acciaio destinato ai prodotti lunghi e chiudere così completamente il cerchio. L’investimento a sostegno del piano viene attualmente stimato tra 800 milioni e un miliardo di euro, una cifra che la Jsw di Sajjan Jindal non ha problemi a sborsare: i conti del primo trimestre 2018, approvati il giorno prima della firma per Piombino, hanno registrato profitti record per oltre 440 milioni di dollari (quasi triplicati rispetto all’anno precedente). Jsw, inoltre, non ha nessun limite governativo all’esportazione di valuta fuori all’India, al contrario di Cevital che si è vista negare l’autorizzazione del Governo algerino rimanendo così bloccata nel piano di rilancio promesso per la ex Lucchini.
Sul fronte dell’occupazione, Jindal prevede di riportare al lavoro 1500 persone nell’arco di piano: quelle che saranno rimaste operative nel 2023, al netto del pensionamenti nel frattempo intercorsi. Piombino, soprattutto grazie al porto e ai buoni collegamenti infrastrutturali, è strategica per Jindal che attraverso la ex Lucchini mette un piede in Europa nel mercato dei prodotti lunghi in acciaio speciale.
Stavolta dovrebbe essere veramente fatta: il colosso mondiale dell’acciaio, con una robusta capacità finanziaria e competenze specifiche nel rilevare acciaierie in crisi per ristrutturarle e rilanciarle, ha finalmente messo le mani sullo stabilimento siderurgico che gli algerini di Cevital gli sfilarono per un soffio nel 2014. Salvo poi fallire nel piano di rilancio e indurre il Governo e il commissario a contestare la rescissione del contratto per inadempienza.
Occupazione
In 5 anni dovrebbero essere riassorbiti gli operai al netto dei pensionamenti
Altoforno addio
L’obiettivo è attivare subito i laminatoi in vista dell’attivazione degli impianti elettrici