Maggio, dieci minuti di applausi per Giordana e il cast
Al Maggio dieci minuti di applausi e alla fine i tecnici sul palco. Una regia tradizionale
Le due opere fino ad oggi rappresentate in questo 81° Maggio non si sono imposte per particolari soluzioni, non hanno suscitato scossoni da far gridare alla meraviglia o sollecitato quelle discussioni che per la vita di un teatro rappresentano sempre un toccasana. Anche la meritevole proposta della Battaglia di Legnano di Verdi (di rarissima rappresentazione: a Firenze nel 1959, direttore Gui; a Milano nel 1961, con Gavazzeni) segue, infatti, il rassicurante binario di una lettura registica prudente quanto di segno tradizionale, attenta alla realtà dell’ambientazione (l’epoca della lotta della Lega Lombarda contro il dominio del Barbarossa) di un libretto dove eroici fermenti patriottici s’intrecciano al tipico triangolo amoroso.
In sostanza, uno spettacolo corretto e piacevole, che riporta la Battaglia di Legnano alla sua identità più semplice e immediata. E che al pubblico per questo piace: quasi dieci minuti di applausi si registrano alla prima, con festeggiata passerella di tutti gli interpreti, e con tanto di apparizione finale sul palcoscenico – cosa assai rara – dei tecnici di scena. A firmare la regia del nuovo allestimento è Marco Tullio Giordana, che realizza con garbo uno spettacolo giocato più sul fascino visivo che sul versante della pura teatralità: con evocazioni pittoriche anche rinascimentali nei giochi cromatici e di luci dei costumi (semplici ma eleganti, realizzati da Francesca Livia Sartori ed Elisabetta Antico), una classicissima disposizione frontale delle masse corali, scene (di Gianni Carluccio, come le luci) essenziali e veritiere (palazzi, castelli, sotterranei, con i loro spessi muri) e all’occorrenza stilizzate nelle loro linee architettoniche per lasciar più agio ai movimenti di palcoscenico. Certo, non pensiamo alla Battaglia di Legnano come ad un capolavoro, perché la musica pare acquistare una sua dignità d’invenzione solo negli ultimi due atti, e i veri colpi d’ala si avranno nel giro di qualche anno, in Rigoletto, La traviata e il Trovatore. Però Renato Palumbo sul podio dei pronti professori del Maggio ci crede, e se inizialmente si perde un po’ nel ricercare improbabili introspezioni, poi trova la giusta marcia in un piglio energico e serrato. E ci crede anche il Coro del Maggio, che istruito da Fratini partecipa vigoroso e ben coeso. Fra i solisti s’impone Vittoria Yeo, una Lida dalla bella tenuta vocale e capace di sfaccettature espressive. Giuseppe Altomare è un Rolando intenso e sicuro, Giuseppe Gipali dà ad Arrigo una voce luminosa ma con qualche discontinuità. Da segnalare il convincente Barbarossa di Marco Spotti ma anche il Marcovaldo di Min Kim, l’Imelda di Giada Frasconi, e Rim Park. Repliche il 25, 27 e 31 maggio.