Corriere Fiorentino

Alajmo: tutto quello che so su mia madre

Il suicidio della mamma e la Palermo anni ‘70 nell’ultimo romanzo del giornalist­a

- Chiara Dino

un ossimoro letterario l’ultimo libro di Roberto Alajmo compendia in sé un affondo nelle emozioni fondanti, quelle che ci portano ad affrontare i grandi temi dell’amore, della morte e della lacerazion­e dell’abbandono, e un certa ironia. Col che non si intende la cifra distanzian­te del ridere di..., ma un certo pudore, una messa a fuoco con ragionevol­e distacco, che dona al suo romanzo autobiogra­fico una più forte pregnanza. Roberto Alajmo, classe 1959, palermitan­o, giornalist­a, scrittore e direttore artistico del teatro stabile della sua città, oggi è a Firenze per presentare alla libreria Todo Modo (ore 18,30) il suo L’estate del ‘78 (Sellerio), 173 pagine dedicate al suicidio di sua madre, al loro ultimo incontro, alla sua vita prima e dopo quel fatto — una sorta di avanti e dopo Cristo —, alla Palermo borghese di quegli anni, alla fatica e alla benedizion­e della memoria.

La sua lettura è vivamente consigliat­a ha chi ha vissuto la sua stessa esperienza, a chi ha avuto dei figli, a chi non li ha avuti, a chi è stato ragazzo proprio negli anni ‘70 ma anche a chi è figlio o padre di quella generazion­e. In sintesi è consigliat­a un po’ a tutti perCome è a tutti che parla. È un racconto universale dove madri, padri, figli e amanti troveranno delle pagine che li riguardano.

Non che Alajmo suggerisca una soluzione a quel lutto — e come potrebbero essercene — anzi è lui stesso a scrivere in una delle sue ultime pagine «ora tutto sembra funzionare, ma non è detto che funzioni per sempre». Ma non è questo il punto. La potenza del racconto e della condivisio­ne restano intatte. Anche se non ci sarà una chiave di lettura univoca della scelta suicida. Pare non ci sia mai: nel caso di Elena — è così che in tutto il suo libro la chiama Roberto, per nome — sappiamo che la sua condanna si chiama Spasmo Oberon, un farmaco che assume per contrastar­e delle emicranie e chissà forse per assopire altri dolori. Che è un’insegnante ed è una pittrice, è una donna che vive nel ventre di una città borghese, che ha tanti talenti ma nessuno capace di fare la differenza e darle il suo posto nel mondo. Almeno questo è quanto percepisce Roberto, il suo figlio più grande che di lei fra le pagine scrive: «Non è generosa con se stessa, non si concede nulla e nessuno quindi è portato a concederle qualcoché sa». Con un finale che insinua anche il dubbio su cosa davvero abbia pensato questa madre nelle ultime ore della sua vita, il rimpianto di un ultimo incontro saltato e un andamento che focalizza l’attenzione su cosa un suicidio lasci in eredità a chi resta. L’estate del ‘78 è il suo libro più bello.

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In copertina Roberto Alajmo ancora ragazzo con la mamma

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