Il viceprefetto e la ‘ndrangheta
L’accusa al reggente dell’Elba: «Capo di una banda». Arrestato con il presunto socio
Ieri il viceprefetto di Livorno Giovanni Daveti è finito in carcere col «socio» calabrese Giuseppe Belfiore. Per l’accusa i due sarebbero autori di una sfilza di reati: associazione per delinquere, porto abusivo di esplosivi per atti di intimidazione, indebita compensazione di debiti tributari, contrabbando, sottrazione al pagamento delle accise, falso in documenti pubblici.
Era il viceprefetto di Livorno reggente dell’isola d’Elba ma andava sottobraccio a un personaggio legato a una famiglia della ‘ndrangheta calabrese con cui organizzava frodi fiscali, contrabbando di sigarette e, all’occorrenza, anche attentati per vendetta. Ieri mattina il viceprefetto Giovanni Daveti, livornese di 66 anni, è finito in carcere insieme al «socio» calabrese Giuseppe Belfiore, 61 anni, originario di Gioiosa ionica ma residente a Torino. Secondo le accuse della procura guidata da Ettore Squillace Greco — e confermate dal gip Marco Sacquegna — i due sarebbero i registi di un’organizzazione specializzata in una sfilza di reati: associazione per delinquere, porto abusivo di esplosivi per intimidazione, indebita compensazione di debiti tributari con crediti inesistenti, contrabbando di 9 tonnellate di sigarette, sottrazione al pagamento delle accise sugli alcolici, falso in documenti pubblici informatici. Una lista destinata ad aumentare visto che le indagini non sono ancora concluse. Altre sette persone sono agli arresti domiciliari, tra cui un commercialista di Torino.
Le indagini della Guardia di Finanza di Livorno guidata dal colonnello Paolo Borrelli partono da una comunissima notizia di reato arrivata in Procura un giorno in cui il procuratore capo Squillace Greco si era messo nel turno d’urgenza per dare una mano ai sostituti. Nel mirino della Forestale era finito un parcheggio in un’area vincolata all’Elba. Da lì parte l’inchiesta che cerca di ricostruire ogni singolo atto dell’iter. Emergono così diverse anomalie nel rilascio delle concessioni edilizie ma soprattutto spunta il nome del viceprefetto che qualcuno aveva soprannominato il Viceré dell’Elba. Iniziano le intercettazioni che mettono in luce amicizie e affari pericolosi del viceprefetto. Tramite Giovanni Faiello, suo uomo di fiducia adesso ai domiciliari, entra in contatto con il calabrese Giuseppe Belfiore, fratello del mandante dell’omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia, avvenuto nel 1983. Fa parte di una delle più note cosche di ‘ndrangheta che si muove in Piemonte e anche in Francia e Spagna. Belfiore si offre di aiutarlo ad azzerare il debito con il fisco. Sul conto di Daveti c’erano cartelle esattoriali già iscritte a ruolo per oltre 115 mila euro. Il trucco per abbattere il debito era sfruttare in compensazione inesistenti crediti Irpef artificiosamente creati. Le indagini hanno accertato che queste compensazioni di cui ha beneficiato Daveti non erano un caso isolato: tra il 2016 e il 2017 altre sette persone hanno ottenuto, con le stesse modalità, l’abbattimento di debiti per un valore complessivo di un milione di euro.
L’altra attività in cui il gruppo era attivo riguarda il sistema di frode per evadere le accise relative a prodotti alcolici. Per evitare di pagare le imposte il meccanismo prevedeva la predisposizione di viaggi fittizi: i carichi di brandy con falsi documenti di trasporto venivano fatti transitare attraverso depositi fiscali compiacenti. La merce veniva sdoganata in Italia, dove le accise sono inferiori rispetto ad altri Paesi, ma la merce prendeva altre destinazioni. Il gruppo era in grado di organizzare una trentina di viaggi al mese, ciascuno in grado di far evadere accise per 100 mila euro. Un fenomeno nuovo, hanno accertato gli investigatori del nucleo di polizia economico-finanziaria guidati dal colonnello Gabriele Baron. Gli investigatori venerdì hanno sequestrato al porto un container carico di 9 tonnellate di sigarette — valore 1,5 milioni di euro — che arrivava dalla Guinea Bissau e che figurava trasportare tavoli e sedie. C’è poi il capitolo attentato: Daveti voleva far saltare in aria l’auto di un presunto truffatore.
Presente ieri alla conferenza stampa al comando della Guardia di Finanza, insieme al comandante regionale Michele Carbone, anche il prefetto Anna Maria Manzone: «Abbiamo offerto la massima collaborazione in questa indagine. L’amministrazione è sana». L’inchiesta, ha ribadito il procuratore Squillace Greco, non ha mai neppure sfiorato la prefettura.
Gli inizi Le indagini sono partite da alcune concessioni anomale per costruire un parcheggio